domenica 26 ottobre 2008
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È andata come Walter Veltroni si proponeva: il Circo Massimo si è trasformato «nella grande piazza di una grande opposizione». Tanto grande da sembrare unica. E, in ogni caso, la sola in grado " nella babelica area del centrosinistra che non c'è più " di produrre una mobilitazione di queste proporzioni. Ragguardevole nei numeri (certamente notevoli, ma pur sempre relativi in un'Italia in cui, da anni, i partiti sono poco vissuti e poco amati eppure i partecipanti ai cortei dei partiti all'opposizione si conteggiano, comunque e sempre, dal milione in su...). Significativa nelle civilissime modalità e nel valore politico. Il Partito democratico voleva riaffermare il suo ruolo di forza-perno di un sistema bipolare al quale il voto generale della scorsa primavera ha dato una tendenziale connotazione bipartitica. Puntava a ribadire «con serenità» eppure grintosamente il suo ruolo di inevitabile interlocutore del governo di centrodestra. E questo ha fatto. Impegnandosi a contrastare con le colorate immagini di una riuscita discesa in piazza autunnale la caduta di consensi virtuali che per tutta l'estate " sondaggio dopo sondaggio " aveva reso irrespirabile l'aria del Loft veltroniano. Provando a blindare pubblicamente se stesso " partito e segretario " nel pieno di un dibattito interno tutt'altro che facile e sereno sulle scelte passate, sull'azione presente e sulla proposta futura. E decidendo di mostrare i muscoli " dopo mesi di punzecchiature e provocazioni reciproche " agli alleati superstiti e, sempre più spesso, intermittenti (i dipietristi), ai compagni di strada che furono (la sinistra, oggi extraparlamentare, di matrice comunista) e a quelli che potrebbero tornare (i Verdi autoconvocatisi, ieri, al Circo Massimo). La strada del Pd è ovviamente lunga e punteggiata di passaggi parlamentari e di tornanti politico-elettorali a rischio. Per di più il pesante clima economico e sociale che comincia già a gravare su un'Italia sospesa tra stagnazione e recessione " la responsabilità aggiuntiva che questa situazione imporrà a tutta la classe dirigente " renderà ancora più difficile il lavoro non solo di chi governa, ma anche paradossalmente di chi si candida a fare una «grande opposizione». E Veltroni, dopo il bagno di folla del Circo Massimo, si sente di nuovo legittimato a sostenere " e, infatti, lo ha puntualmente ripetuto " di rappresentare a pieno titolo quel «terzo del Paese» che lo scorso aprile votò per lui. Non abbastanza, ma comunque tanto. Il leader del Pd ha, dunque, motivi per essere e, soprattutto, per mostrarsi soddisfatto. E abbiamo il ragionevole sospetto che Silvio Berlusconi ne abbia appena meno di lui e un po' più di quanto non dia a vedere. Che il presidente del Consiglio sia l'altro grande sostenitore del progetto di un bipolarismo che evolve in sostanziale bipartitismo è, in effetti, cosa nota. E che sia oltremodo attento a scrutare gli umori dell'elettorato lo è altrettanto. Senza fare neanche troppo i maliziosi si potrebbe, poi, sottolineare che nell'ultima settimana il premier ha provveduto con una mano " i parlamentari della sua maggioranza " a delineare una legge elettorale europea con sbarramento al 5% (e senza più voto di preferenza) fatta apposta per ingigantire il ruolo di Pdl e Pd, e con l'altra mano " certe sue esternazioni, a cominciare da quella tardivamente corretta sull'uso della polizia a scuola " ha finito per dare una bella spinta ai suoi contestatori a ridosso e verso la grande protesta organizzata dal partito veltroniano. Solo coincidenze? Casuali errori? È possibile, ma non ci giureremmo. Berlusconi e Veltroni hanno ambizioni contrapposte e parallele. Si attaccano e, attaccandosi, finiscono più per sostenersi a vicenda che per farsi del male. Del resto anche nel comizio del segretario del Pd, ieri pomeriggio, c'erano solo loro due: il governante e il suo oppositore. Bipartitismo già, anzi bileaderismo.
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