domenica 5 giugno 2011
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Il primo saluto che Benedetto XVI ha ri­volto nel suo viaggio in Croazia è stato un messaggio di speranza, di incoraggia­mento, per la nazione di antica fede cri­stiana, e per il suo prossimo ingresso nel­l’Unione Europea. Il Papa l’ha sviluppato, nello spirito del suo magistero, a livello an­tropologico e universale, e a livello stori­co e culturale che coinvolge le nazioni che si costituiscono attorno a valori comuni, formando un’identità che progredisce e fa progredire. Il Pontefice ha ringraziato i musicisti che l’hanno accolto «con il lin­guaggio universale della musica», perché la dimensione dell’universalità è conge­niale al cristianesimo, Cristo parla agli uo­mini di tutto il mondo, e tutto ciò che è u­mano trova nella sua parola pienezza di vita e di significato. Ed ha proposto il gran­de tema di oggi, quello della coscienza, la cui crescita è alla base del progresso spi­rituale e civile dell’umanità, è fondamen­to di una «società libera e giusta, sia a li­vello nazionale e internazionale».La coscienza libera e ricca di valori dà u­nità al sapere umano e collega scienza e fe­de, come testimonia l’opera del grande u­manista e gesuita croato del ’700 Ruder Josip Boškovic, ma oggi corre il rischio di essere abbandonata al soggettivismo as­soluto, per il quale ciascuno interpreta co­me meglio crede i bisogni propri e quelli degli altri, fa ciò che vuole di se stesso e de­gli altri. Se in passato si fosse agito su que­sta base, non sarebbero maturate le con­quiste dell’età moderna, «il riconosci­mento e la garanzia della libertà di co­scienza, dei diritti umani, della libertà del­la scienza, e di una società libera». Esse si sono sviluppate dentro una coscienza vol­ta al bene, attratta dai principi etici, dal­l’amore da donare e non solo da ricevere, che agisce in base al 'grande codice' del­l’umanità costituito dalle Sacre Scritture. Se la diversità tra bene e male si perde, se il Sinai è cancellato, l’uomo cade in un vuo­to che annienta, in un dolore che non si colma, perché si afferma l’indifferenza al dolore altrui.L’Europa e le sue nazioni si sono costrui­te quando nelle sue terre si è radicata la legge che vale per tutti gli uomini, che par­la dell’amore come «la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni per­sona e dell’umanità intera». La coscienza di ciascuno di noi assimila il significato del dono gratuito per gli altri «nell’infanzia e nell’adolescenza», può viverlo «nel gioco e nello sport, nelle relazioni interperso­nali, nell’arte, nel servizio volontario ai po­veri e ai sofferenti» e può declinarlo negli ambiti della politica e dell’economia, per una polis che sia accogliente e ospitale, non vuota, non neutra, ma ricca di conte­nuti umani, e di forte spessore etico.Questo messaggio universale del Papa si è unito ai riconoscimenti per la Croazia, il suo legame con la Chiesa, le sue preoccu­pazioni per l’ingresso in una Europa che resta la casa comune, è meta di tutte le na­zioni del continente, ma deve tutelare l’i­dentità di ciascuno e le radici cristiane che sono parte essenziale della loro crescita nei secoli.Benedetto XVI ha affrontato questo tema nel saluto iniziale ai rappresentanti della società civile, e nel colloquio che ha avu­to in aereo con i giornalisti. Non bisogna avere paura del nuovo, e la Croazia atten­de con gioia l’appuntamento con le altre nazioni europee, ma è giusto registrare un’inquietudine che si va diffondendo con qualche ragione. L’Europa può tradire le attese dei popoli se li accoglie in un oriz­zonte razionalista ed economicista che guarda ai suoi membri nella loro morfo­logia numerica, territoriale, produttiva, mentre deve sentirli per ciò che sono, co­munità unite da tradizioni, culture, senti­menti, che costituiscono patrimonio pre­zioso per tutti. In questo modo il messag­gio di Benedetto XVI è diretto alla Croazia e insieme all’Europa. Alla Croazia ricorda la sua fede, coltivata con gioia e nel «cuo­re, dove il soprannaturale diventa natura­le e il naturale è illuminato dal sopranna­turale »', ed evoca la grande figura del bea­to cardinale Stepinac che ha combattuto contro due regimi, hitleriano e comuni­sta, che negavano entrambi l’umanesimo e le leggi di Dio. All’Europa dice che l’u­nione del continente non deve essere fat­ta in modo freddo e burocratico, ma inve­stendo sul tesoro di cultura, di spiritua­lità, di dedizione agli altri, che viene dalle radici dei suoi popoli.
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