domenica 18 settembre 2011
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Che he cos’hanno per la testa gli italiani? Se si scorrono le prime pagine dei giornali e i siti informativi, ma anche passando in rassegna le scalette dei notiziari tv e radio, non sembra esserci alcun dubbio: le nuove intercettazioni che riguardano il premier e l’impennata dei prezzi per effetto del primo giorno di Iva aumentata. Per la quasi totalità dei media le inchieste sulle vicende private di Berlusconi sembrano una manna da sfruttare fino all’ultima goccia, accreditando l’idea che agli italiani sia questo che deve stare a cuore, con una sola parziale concessione pragmatica: la ricaduta della manovra sull’economia familiare, il cui impatto è immediatamente tangibile per la gente che capisce sempre più dal vivo cosa vuol dire trovarsi nel centro di una tempesta non solo economica.

E dunque l’agenda degli italiani pare definita senza scampo: in questi giorni, per vari motivi sempre più tempestosi, di che altro vogliamo preoccuparci? Il nostro orizzonte “pubblico”, ovvero le informazioni che condividiamo con gli altri “consumatori” di notizie, pare esaurirsi dentro il rimbalzo emotivo di vicende e problemi da mesi e mesi permanentemente sotto i riflettori. Vicende che ci inducono a prendere posizione, ovvio, ma che dentro il flusso della nostra vita non restano isolate, prive di echi col resto, sempre ammesso – beninteso – che un “resto” ci sia concesso di conoscerlo. Perché la gran parte dei media seguita a illuminare solo un pezzetto di realtà, quello funzionale a un interesse e a una risposta immediati, e lo assolutizzano finendo per schiacciare tante altre domande cruciali, come se solo in una risposta d’impeto sui guai giudiziari del primo ministro o sul dare e avere di aumenti e tagli andasse cercata la mappa per orientarsi dentro il dedalo di questi nostri giorni. La vita, però, non funziona così. E il giudizio doveroso, ma non banalmente moralistico, che ogni fatto – specie quelli più scandalosi ed eclatanti – reclama alla coscienza deve attingere a una riserva di chiavi di lettura, di princìpi allenati alla scuola della realtà, di idee alle quali sono agganciate le scelte quotidiane di ciascuno. Ad alimentare questo serbatoio decisivo – la nostra visione dell’uomo e del mondo – contribuisce in modo determinante l’ampiezza di visuale educata dall’informazione, che tuttavia invece di allargare l’angolo di osservazione sembra sempre più stringerlo.

Ciò che sta accadendo in queste ore è a suo modo esemplare: c’è una regione del mondo, il Corno d’Africa, dove le persone muoiono letteralmente di fame, nello stesso momento in cui la nostra attenzione viene saturata da tutt’altro. Milioni di nostri simili non ce la fanno per l’elementare mancanza dell’essenziale per sopravvivere: ma questa tragedia, che è senza precedenti anche tra Eritrea e Somalia – zone pur abituate all’indigenza assoluta –, non sembra poter competere per curiosità e concretezza con quel che passa la cucina della gran parte dei media. E dunque, che se ne stiano fuori dall’agenda: i più poveri di tutti non hanno nemmeno diritto di contendere una briciola d’interesse a chiacchierate telefoniche pruriginose o prezzi del carburante in altalena. Lazzaro non è neppure più ammesso a star sotto la tavola del ricco per raccoglierne gli avanzi, le cicche del suo interesse. Intendiamoci: dovremmo essere sufficientemente maturi per lasciar da parte – almeno oggi – tifoserie politiche o simpatie personali. Qui c’è ben altro in gioco. La misura del nostro cuore è determinante perché la radice viva che ispira i giudizi su quanto l’attualità impietosamente ci propone sia affidabile, saldamente fondata dentro un’antropologia nella quale è chiaro che la persona viene prima della sua funzione, il bene è anteposto all’utile, la dignità di ciascuno precede il calcolo politico.

Rispondere oggi con generosità nelle nostre parrocchie alla Colletta nazionale per soccorrere genti che diversamente non hanno più domani diventa – sì, proprio in questo momento di ansie e sbandamenti – il segno di un cuore che sa vedere oltre il frammento di un presente amaro e poco incoraggiante. E con il suo respiro ricco di umanità già imbastisce il futuro.

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