giovedì 21 aprile 2022
Mariupol sotto il controllo russo. Ma il presidente Usa promette a Kiev aiuti per una "vittoria". Nel Donbass Mosca deve ancora mostrare di essere abbastanza forte. C'è il rischio di stallo sanguinoso
Guerra giorno 57: in campo Putin e Biden, la prospettiva di un conflitto lungo
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Il 57° giorno di guerra segna alcuni eventi importanti per lo sviluppo della crisi. Si assiste alla caduta di Mariupol, o almeno alla proclamazione della presa della città martire da parte dei russi. E si deve registrare un raro confronto a distanza tra il presidente russo Putin e il presidente americano Biden nello spazio di poche ore. Lo snodo portuale sul Mare d'Azov, conteso da settimane e bersagliato senza sosta dall'aviazione e dall'artiglieria di Mosca, ha sostanzialmente capitolato. Resta però "sigillato" dalle forze occupanti il complesso siderurgico di Azovstal, dieci chilometri quadrati di impianti in superficie e di gallerie e rifugi antiatomici sotterranei, in cui sono asserragliati forse mille combattenti del battaglione Azov e duemila civili, ora esposti a fame e sete se non si arrenderanno.

La decisione presa da Putin ed espressa a favore di telecamera al suo ministro della Difesa Shoigu può avere più di una spiegazione. Avendo conquistato la città, non ha bisogno di un'altra strage di civili, dando così un segnale "umanitario" in più direzioni, anche a favore di un possibile negoziato con Zelensky. Inoltre, l'attacco finale agli impianti comporterebbe l'impiego di molti dei diecimila soldati finora impegnati nei combattimenti nell'intera zona, i quali possono venire invece spostati più a Est per rafforzare il dispositivo della fase due del conflitto. Ma c'è anche la possibilità che Mosca speri di recuperare in tempi brevi alcune delle strutture produttive dell'acciaieria, pur gravemente danneggiata ma non ancora del tutto distrutta.

Appena Putin ha concluso di celebrare la vittoria di Mariupol, peraltro ben poca cosa sul piano militare in due mesi di invasione, gli ha risposto il presidente americano dalla Casa Bianca, dove ha incontrato il premier ucraino, Denys Shmyhal. Biden prima ha messo in discussione il successo nella città portuale e poi ha sottolineato un'altra vittoria di segno opposto messa a segno ai danni dei russi, la liberazione di Kiev dalla stretta di Mosca. Ha quindi ribadito che gli Stati Uniti sono determinati a combattere i tiranni e impedire al Cremlino di vincere la guerra d'aggressione.

A questo scopo, è arrivato l'annuncio di nuove forniture militari, a partire da cannoni howitzer e artiglieria pesante fino a droni specificamente adattati per il teatro di guerra del Donbass. Un piano di forniture da 800 milioni di dollari, a solo una settimana da un'altra tranche di attrezzature già consegnate. Una serie di altre sanzioni si aggiungeranno, tra cui la chiusura dei porti Usa alle navi russe. Le contro-sanzioni di Putin si sono subito concretizzate nel bando dalla Russia di una serie di personalità americane, tra cui la vicepresidente Kamala Harris e il proprietario di Facebook, Mark Zuckerberg.

Isolare Putin è l'obiettivo ormai pubblicamente annunciato dall'Amministrazione americana e questo scopo viene perseguito sul terreno, o con una vittoria di Kiev nell'Est o con un, più probabile, prolungamento del conflitto e con conseguente stallo e dissanguamento dei contendenti - anche se l'Ucraina dovrebbe continuare a ricevere ampio sostegno logistico ed economico dall'Occidente. Può essere questo lo scenario delle prossime settimane e, forse, dei prossimi mesi?

Secondo gli strateghi, a chi tenta di conquistare le posizioni - cioè a Mosca - servono forze tre volte più numerose di chi si sta difendendo. E la Russia non avrebbe attualmente sul terreno che poco più di 100mila uomini, troppo pochi. Inoltre, le aree metropolitane chiave nella parte del Donbass controllata da Kiev, specificamente Slovyansk-Kramatorsk, Sievierodonetsk-Lysychansk, Avdiivka, e Kurakhove, sono state da tempo trasformate in fortezze difficili da espugnare, delle altre Mariupol, in altre parole. Infine, a parere di qualche analista, si sta giocando a parti rovesciate la battaglia di Kursk che nel 1943 fu fatale alle forze di invasione tedesche. Anche allora si tentava di chiudere in una sacca il grosso delle forze sovietiche avanzando da Nord e da Sud, ma la manovra fallì per la strenua resistenza dell'Armata Rossa.

Se la seconda fase della guerra sarà complessa per i russi, sarà sanguinosa come e forse più della prima per gli ucraini e la popolazione civile in particolare. Per questo l'opzione della diplomazia non può finire in secondo piano. Sullo sfondo qualcosa si muove e dal Vaticano il Papa è tornato a chiedere con forza una tregua per la Pasqua ortodossa di domenica 24. Sta ai Paesi belligeranti dare un segno della propria volontà di pace.



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