lunedì 4 luglio 2022
Dopo la caduta di Lysychansk, i combattimenti si spostano nella provincia di Donetsk. Putin ordina di continuare le operazioni come previsto. E la Russia accentua la stretta su ogni forma di dissenso
Guerra giorno 131: la nuova fase nel Donbass e la repressione interna di Mosca
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Nel giorno 131 della guerra in Ucraina il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato al ministro della Difesa Serghei Shoigu di continuare l'offensiva in Ucraina dopo che l’Armata ha completamente conquistato Lysychansk. Il capo del Cremlino è apparso in tv mentre invita le forze su altri fronti a perseguire i loro obiettivi secondo i "piani precedentemente approvati". La conquista della città assediata nelle ultime settimane significa che tutta la regione di Lugansk è ora in mano russa.

In precedenza il governatore ucraino aveva detto che Lysychansk è stata abbandonata per evitare che venisse distrutta dall’artiglieria nemica. I soldati si sono spostati in nuove posizioni fortificate, ha dichiarato alla Bbc Serhiy Haidai. "I nostri militari avrebbero potuto tenere le posizioni per molto tempo, ma la Russia ha attualmente un enorme vantaggio in termini di artiglieria e munizioni. Avrebbero semplicemente distrutto la città da lontano, quindi non aveva senso restare". Poco più di una settimana fa le truppe d’invasione avevano conquistato Severodonetsk, che i bombardamenti hanno ridotto in macerie.

La battaglia di Donbass, secondo fonti ucraine, entra ora nella fase successiva. Le forze armate di Kiev hanno adottato una nuova linea di difesa (la barriera di Siversk-Bakhmut) e continuano a mantenere le fortezze chiave dell’oblast di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha promesso che l’esercito tornerà a riprendere la città perdute "grazie all'aumento della fornitura di armi" da parte dell’Occidente. Ma le truppe di Mosca hanno ora intensificato il fuoco sulle città della vicina regione di Donetsk, prendendo di mira in particolare Sloviansk e Kramatorsk. Un’azione di risposta ha riguardato l’aeroporto della città occupata di Melitopol, dove sono caduti ordigni di Kiev. Mosca accusa i nemici anche di un’azione ostile sulle città oltreconfine di Belgorod e Kursk, ma è improbabile che siano stati usati missili ormai rari e “preziosi” per i resistenti.

Nel frattempo, l'esercito ucraino ha dichiarato di aver issato nuovamente la propria bandiera sull'Isola dei Serpenti, che in alcune foto in effetti garrisce dove prima c’erano i vessilli della Federazione. Ma questo successo simbolico non compensa le pesanti sconfitte a Est. Soprattutto se si considera un importante dato sulla capacità di resistenza di Kiev: l'Ucraina spende oggi più di 4 miliardi di dollari al mese per la guerra. Questa cifra era il bilancio militare annuale prima del 24 febbraio. La capacità di tenere testa agli invasori deve essere quindi sostenuta dagli aiuti dei Paesi amici. Anche se, si fa notare in ambienti ucraini, al ritmo di avanzamento visto a giugno (+0,3% del territorio ucraino conquistato), la Russia impiegherebbe quasi 22 anni per impadronirsi completamente del resto del Paese (l'80% che non è controllato da Mosca).

Sul fronte diplomatico non si vedono all’orizzonte iniziative di qualche respiro e possibilità di riuscita. A Lugano si è tenuta una conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. "Per questo obiettivo servono al momento 750 miliardi di dollari, la maggior parte di questi fondi vengano dagli asset russi congelati", ha detto Denys Shmyhal, primo ministro di Kiev. "Abbiamo creato una mappa digitale, aggiornata in tempo reale, sulla distruzione causata dall'invasione russa: i partner avranno accesso e servirà per mirare gli interventi nel Paese", ha aggiunto. Ma ricostruzione significa fine delle ostilità. Il Cremlino non sembra disposto a sedersi al tavolo e stringe, anzi, il cappio su ogni posizione interna che si dimostri ragionevole e dialogante.

Lo dimostra una serie recente di eventi. Vladimir Mau, 62 anni, era stato rieletto nel consiglio di amministrazione di Gazprom la scorsa settimana. Il posto di rilievo dell'economista liberale nell’azienda monopolista del gas suggeriva che Mau godesse ancora del favore del Cremlino, come scrive il “Financial Times”. Ma poche ore dopo, giovedì scorso, la polizia ha dichiarato di aver arrestato Mau per sospetta frode, un segno che a Mosca la repressione legata alla guerra si estende anche ai più fedeli servitori del Cremlino. Mau, che nega le accuse e sarà agli arresti domiciliari fino ad agosto, non è certo un dissidente. In qualità di rettore della più grande università del Paese, l'Accademia presidenziale russa di economia nazionale e pubblica amministrazione (Ranepa), ha firmato una lettera aperta dei capi di 260 atenei che si impegnavano a "stringersi attorno al presidente" dopo l'invasione dell'Ucraina. Mau aveva tuttavia cercato di riformare il sistema dall'interno.

Il suo arresto sembra indicare che persino le critiche costruttive, fatte a porte chiuse, sono adesso vietate, ha suggerito Kirill Rogov, politologo in passato ascoltato dai vertici politici. E si può anche ricordare che ben sei manager legati al gruppo Gazprom si sono ufficialmente tolti la vita dall’inizio dell’anno: Leonid Shulman, Sergey Protosenya, Vladislav Avaev, Vasily Melnikov, Mikhail Watford, e Alexander Tyulyakov. Ma tutte le ricostruzioni dei loro suicidi non sono convincenti e non vengono confermate da fonti indipendenti.

È intanto morto in carcere Dmitry Kolker, capo del laboratorio di tecnologie ottiche quantistiche dell'Università statale di Novosibirsk, che era stato arrestato per tradimento. Gli ufficiali del Fsb lo avevano prelevato il 30 giugno in ospedale, dove il 54enne scienziato era ricoverato perché malato terminale di cancro. Sui social network, il figlio Maxim ha raccontato che il padre era stato accusato di "aver fornito alla Repubblica popolare cinese dati contenenti segreti di Stato". Pechino è un alleato sempre più stretto di Mosca, e tutta la vicenda rimane circondata da misteri.

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