martedì 30 dicembre 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, dice l’articolo 27 della Costituzione. E il lavoro, insieme all’istruzione, è certamente la via privilegiata per arrivare a questo traguardo. Quasi il 70 per cento dei detenuti che in carcere non hanno imparato un mestiere torna a delinquere, una percentuale che precipita al 2 per cento tra coloro che hanno seguito un percorso di formazione professionale e di lavoro. Tra pochi giorni, il 15 gennaio 2015, scade la sperimentazione decennale con cui lo Stato aveva affidato ad alcune cooperative sociali l’appalto delle cucine in 10 penitenziari. Un’esperienza che ha coinvolto migliaia di carcerati, con risultati eccellenti sotto molti punti di vista: economicità e qualità del servizio erogato, apprendimento di un mestiere spendibile dopo avere scontato la pena, miglioramento complessivo delle condizioni di vita in quelli che sono ancora, nella maggioranza dei casi, luoghi dove chi esce è diventato peggiore di quando era entrato. Scuole di criminalità, piuttosto che scuole di vita. Oggi il ministro della Giustizia Orlando incontra i rappresentanti delle dieci cooperative sociali che gestiscono i servizi di cucina, e che in questi giorni hanno più volte denunciato il rischio che il ritorno alla gestione statale del servizio finisca per vanificare le esperienze di recupero e valorizzazione del 'capitale umano' presente anche nelle prigioni. Alla denuncia degli operatori si è aggiunta quella dei direttori delle carceri e quella dei cappellani che vivono ogni giorno tra i detenuti e toccano con mano come è possibile pagare il debito contratto con la società e contemporaneamente diventare protagonisti del proprio riscatto, testimoniando che l’uomo non è mai ultimamente definibile dal suo limite. Dieci anni sono tanti per una 'sperimentazione', e comunque se i risultati sono positivi sarebbe meglio mettere a sistema un’esperienza positiva piuttosto che accantonarla. Il Guardasigilli ha dichiarato che non è sua intenzione penalizzare il lavoro svolto dalle cooperative sociali, ma c’è chi denuncia il ritorno di fiamma di una concezione statalista, che si pone agli antipodi di esperienze tutte centrate sull’idea di sussidiarietà. La burocrazia riuscirà a passare un colpo di spugna su realtà che in questi anni hanno portato aria nuova oltre le sbarre e consentito a tanti detenuti una ripartenza umana?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: