S’aggira ancora il fumo di Auschwitz
sabato 27 gennaio 2018

La capacità di Liliana Segre di coinvolgere nella narrazione dell’orrore ogni sorta di uditorio ci dice come la pedagogia della memoria abbia bisogno di emozioni forti più che di rigorosi ragionamenti e analisi didattiche. Liliana Segre racconta il dramma di una ragazzina di 13 anni coinvolta suo malgrado in una storia che non ha niente a che vedere con la preadolescenza, che ti costringe ascoltandola a entrare nei panni di chi realmente ha sofferto la deportazione, la morte, l’annichilimento.

Non c’è retorica, non c’è celebrazione. Solo la nuda narrazione che permette a chiunque di identificarsi con questa piccola ebrea che lotta per la sua sopravvivenza. Non sono numeri, non sono cifre, ma unicamente la traccia umana di chi ha attraversato il nulla ed è riuscito a riemergerne. I giovani hanno bisogno di incontrare persone, educatori e testimoni che sanno comunicare la loro passione, che sanno trasformare la memoria in un conflitto aperto con il presente per creare un discrimine con l’orrore che si annida ancora attorno a noi e che magari fra trent’anni o quaranta, o cinquanta verrà chiamato col suo vero nome.

Nella Giornata della Memoria dobbiamo avere il coraggio di fuggire dalla pura e semplice celebrazione e concentrarci su come il fumo di Auschwitz si aggiri ancora nella nostra storia, nelle nostre città, nelle nostre relazioni. Indignarsi per i crimini nazisti deve servire per liberarci sempre di più della violenza contro i bambini, contro le donne, contro i profughi stranieri, contro chi è troppo debole per poter far sentire la propria voce. Che la giornata della memoria ci aiuti ad aprire gli occhi sulle nuove forme di orrore. Forse in questo modo ci potrebbe essere una vera possibilità di onorare chi l’orrore l’ha subito fino al sacrificio estremo.

*Pedagogista

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