domenica 12 giugno 2011
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Una giornata storica per il popolo rom e per la Chiesa, quella di ieri. Migliaia di rom dall’Italia e da ogni parte d’Europa per parlare al Papa della loro storia difficile e del loro futuro. Benedetto XVI li accoglie come un padre, ascolta le loro toccanti testimonianze e li invita a «scrivere insieme una nuova pagina di storia per il vostro popolo e per l’Europa». Benedetto XVI ha iniziato per primo a scrivere su questa pagina. È partito da tre fatti storici: uno religioso, uno politico e l’ultimo legato a una grande sofferenza. Il fatto religioso: questo popolo ha dato un beato alla Chiesa, Zefirino, martire della guerra civile spagnola, amico dei poveri. È morto tenendo stretto il rosario che volevano strappargli, colpevole di essere un credente vero. Oggi Zefirino, che non ha mai rinunciato alla sua identità zingara, diventa un esempio per il popolo rom. Il fatto politico: il popolo rom non ha vissuto ideologie nazionaliste, lungo i secoli dei nazionalismi, né ha aspirato a possedere una terra o a dominare altre genti. Un popolo di pochi milioni di persone, con una maggioranza di minori, senza patria, che guarda all’Europa come alla sua casa e, in un certo senso, anticipa il sogno europeo dell’unità. Il terzo fatto: la sofferenza. Questo popolo – ha detto il Papa – «ha conosciuto il sapore amaro della non accoglienza e, talvolta, della persecuzione», fino allo sterminio durante la seconda guerra mondiale. Il Papa ha chiesto all’Europa di farsi carico, finalmente, di una responsabilità storica che ci riguarda tutti. Il genocidio degli zingari coinvolge gli europei come un passaggio tragico in un periodo di forte crisi e rivolgimenti da cui è sorta l’Europa democratica e deve, finalmente, diventare parte della coscienza collettiva di fronte alle nuove sfide della convivenza. Troppo poco si son fatti i conti con lo sterminio degli zingari. «Mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo!», ha esclamato Benedetto XVI.Da questi tre fatti si deve partire per scrivere una nuova pagina di storia. Come è accaduto ieri nella storica udienza, la prima in Vaticano per questo popolo. È una pagina ricca di opportunità, per i rom e gli altri cittadini europei. Molte etnie rom oggi non sono più nomadi e cercano stabilità. I Paesi europei, la società politica e quella civile hanno il dovere di capire tale cambiamento per dare risposte diverse da quelle del passato. Il popolo rom deve dare la sua leale collaborazione – dice il Papa – perché «le vostre famiglie si collochino degnamente nel tessuto civile europeo». Non è un generico appello all’integrazione, che pure è una prospettiva decisiva. È qualcosa di più. È lavorare insieme, tutti, per capire le novità che si aprono. Dalla storia di dolore del popolo rom, che continua ancora oggi per tanti tragici fatti che accompagnano la vita dei loro piccoli, e dall’originalità di una cultura, rom e cittadini europei possono costruire una società del vivere insieme che sia rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti. La scuola per i bambini, un lavoro e un alloggio dignitosi per tante famiglie rom sono l’inizio di un percorso di integrazione che rende possibile vivere insieme in pace e in sicurezza nelle città europee. La Chiesa ha a cuore il popolo rom ed è pronta a fare la sua parte: lo ha detto il Papa, lo mostrano concretamente tante associazioni cattoliche che lavorano a fianco dei rom. Oggi – come ha fatto il Papa – c’è da assumersi la responsabilità di cogliere le nuove opportunità di questo tempo, ricordando che si è di fronte a un popolo, in maggioranza, di bambini. Bisogna cominciare a scrivere una nuova pagina di storia. Può sembrare una vicenda minore, ma è proprio sul rispetto dell’alterità che si fa la storia e si costruisce il futuro.
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