La vergogna incancellabile. Restiamo umani con chi migra
sabato 26 marzo 2022

Giungono, sempre più martellanti e drammatiche, le notizie dall’Ucraina, un Paese bello e ricco di storia, disteso come un ponte tra l’Europa orientale e quella occidentale. Da molti giorni ormai l’Ucraina subisce un’aggressione violenta con migliaia di morti e distruzione di villaggi e città, a opera di un Paese un tempo fratello guidato da un uomo nel quale il gene della fratellanza e della collaborazione sembra sia stato cancellato. Per parafrasare le parole del Papa, un Caino cinico e crudele pretende di eliminare o schiavizzare il fratello Abele. I Paesi Ue si sono generosamente impegnati nell’accoglienza di donne, bambini, anziani e l’Italia non è stata da meno.

Pure quelle nazioni che fino a oggi si erano rifiutate di ospitare anche piccoli numeri di immigrati o che avevano pagato altri governi affinché i profughi non li raggiungessero. È da essere contenti e orgogliosi di questa ritrovata unità europea che si impegna in una accoglienza generosa, spontanea e anche affettuosa. Noi italiani, tuttavia, di fronte all’emergenza umanitaria ci siamo scoperti non adeguatamente attrezzati, soprattutto a causa dei provvedimenti presi in anni recenti da alcuni governi per ostacolare attivamente o smantellare ogni forma di accoglienza. Eppure anche allora, occorre precisare, si trattava di accogliere donne, bambini e giovani uomini che rischiavano di trovare nel cimitero del mare la fine del loro viaggio della speranza, lungo e pieno di pericoli. Navi o addirittura piccole barche che avevano soccorso questi esseri umani in condizioni disperate trovavano enormi difficoltà ad approdare nei vicini porti italiani e le imbarcazioni venivano lasciate in mare per giorni e anche settimane. Questi profughi di serie B (o Z come anche su queste colonne s’è detto) venivano e vengono considerati "invasori" e quando scompaiono nel cimitero del mare, prevale l’indifferenza se non addirittura un inconfessabile sollievo per la diminuzione del loro numero.

È pur vero che noi con gli ucraini condividiamo certamente cultura storia e religione cristiana e che a differenza degli immigrati che giungono dal mare, tra i quali i cristiani non mancano, condividiamo una caratteristica, che nominarla come fattore di discriminazione è già vergogna: il colore della pelle. Discriminare gli sventurati, i bambini, le donne, i giovani uomini che fuggono da guerre, povertà, torture è stato ed è e sarà sempre vergognoso. Gli uomini sono tutti uguali e amano, odiano hanno fame, provano dolore, si disperano e pregano Dio per non morire.

Se finalmente gli europei si mostrano generosi uniti e contenti di poter dare un aiuto ai fratelli, d’altro canto abbiamo il dovere di non dimenticare la vergogna di avere ignorato attivamente la fine a cui condanniamo altri esseri umani come noi, come se un Mefistofele ci avesse chiuso occhi e cuore e anche il cervello in una intollerabile discriminazione tra buoni e cattivi. E Giobbe grida: mio Dio dove sei?

Oltre agli immigrati lasciati annegare senza rimpianto né una lacrima né un segno di lutto, ora incombe questa nuova tragedia dei milioni di ucraini che fuggono dai bombardamenti e sono, come sempre, i più fragili: donne, bambini, anziani. Questi nuovi sfortunati fratelli non vengono abbandonati in mare, ma trovano comprensione e accoglienza da amici e spesso presso parenti che vivono e lavorano nella Ue. La loro situazione è tragica, lontani dalle loro case spesso distrutte, dal loro Paese dove forse non potranno fare ritorno.

Per gli ucraini la morte si è materializzata all’improvviso e si è trasformata in un cimitero di ricordi e di persone care che non rivedranno. La paura della morte è diventata una realtà incombente anche per coloro che riescono fisicamente a fuggire dalla guerra. Caino è soddisfatto e racconta i suoi successi a un popolo che impaurito chiude gli occhi per non vedere. C’è da domandarsi se la parola "umanità" sia scomparsa dal vocabolario o forse non sia mai esistita e che questo "uomo sapiente" di cui cantiamo la grandezza, l’arte e la storia sia retorica ipocrita per scusarci di essere vivi. Possiamo davvero sperare che il dramma dell’Ucraina abbia provocato un risveglio cosciente di affetti e doveri, un risveglio dell’anima che ci auguriamo possa essere, in un futuro non troppo lontano, di tutti verso tutti?

Lamberto Maffei è presidente emerito dell’Accademia dei Lincei


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