Reddito di cittadinanza, eppur si cambia (se ci si ascolta)
sabato 5 gennaio 2019

Il lungo e acceso dibattito tra Governo, opposizioni, società civile e opinione pubblica ha profondamente modificato e trasformato l’idea iniziale di Reddito di cittadinanza. E lo ha fatto in meglio. L’idea iniziale (romantica e velleitaria, ma molto utile a eccitare le fantasie in campagna elettorale) di un reddito universale, incondizionato e permanente ha ceduto il passo a un sussidio temporaneo della durata di 18 mesi sottoposto a una serie di controlli e incentivi che favoriscono inclusione sociale e reinserimento nel mondo del lavoro.

L’idea di una rete di protezione universale, abilitante e inclusiva in una società "schumpeteriana" come la nostra dove disintermediazione e processi di creazione e distruzione di lavoro sono sempre più frequenti e complessi non può essere considerata in conflitto con una visione credente e socialmente progressista della società. Ma neppure con quella liberale se pensatori come Friedman, Hayek ed Einaudi hanno argomentato in passato dell’importanza di una tale misura nelle economie di mercato. Il risultato finale che ha profondamente trasformato l’idea iniziale (in un tipico processo dialettico hegeliano, dove dalla tesi e dall’antitesi si è arrivati a una sintesi) è la riposta a una serie di obiezioni (l’antitesi appunto) che hanno subito sbarrato il passo ai facili ottimismi.

I rischi di un Reddito di cittadinanza sono molteplici. La misura può purtroppo trasformarsi in un sussidio al lavoro nero o addirittura in un incentivo all’illegalità e a entrare nel sommerso per chi spera di cumulare quell’indennità con un reddito da lavoro "nascosto".

Alcune esperienze del Nord Europa sottolineano anche il rischio paradossale di ridurre il desiderio di trovare lavoro proprio per mantenere il sussidio se permanente (in fondo ci vuole poco a non essere convincenti in un colloquio di lavoro se l’obiettivo è non ricevere l’offerta finale). Di sicuro dunque (e non solo per questo) il Reddito di cittadinanza aumenterà inizialmente la disoccupazione perché spingerà alcuni scoraggiati che non partecipano al mercato del lavoro a entrare nelle liste di coloro che sono in cerca di occupazione (e questo potrebbe con le attuali regole europee aumentare lo spazio di flessibilità sul deficit con Bruxelles), come sottolineato dal collega Pasquale Tridico, che ha in questi mesi lavorato per affinare la misura.

Per evitare tutti i problemi sopra indicati il Reddito di cittadinanza è diventato temporaneo (anche se rinnovabile) e contiene tutta una serie di elementi volti a disincentivare abusi ed effetti perversi. La prova dei mezzi (ovvero la verifica se il potenziale beneficiario possiede i requisiti) è molto rigorosa e prevede l’incrocio di informazioni bancarie, con quelle dell’Agenzia delle entrate. L’ammontare totale per persona (che comunque non può superare i 780 euro mensili) prevede decurtazioni a seconda della proprietà o affitto di immobili e del lavoro di altri membri della famiglia. Il reddito di cittadinanza inoltre è una carta per acquisti specifici appetibili soprattutto per chi ha problemi di prima necessità, le pene per chi ne abusa si promettono elevate, ma soprattutto la misura porta con sé una dote contributiva. Ovvero nell’auspicato "matrimonio" tra percettore della misura e azienda, il primo porta in dote i mesi restanti di contribuzione del Reddito di cittadinanza (se l’azienda assume subito si porta a casa 18 mensilità). Il premio è suddiviso con il Centro per l’impiego o l’Agenzia privata quando uno dei due ha contribuito fattivamente alla realizzazione dell’obiettivo.

Quello che si delinea nella bozza di decreto è sicuramente un progresso rispetto all’idea iniziale. Resta la questione irrisolta del non aver considerato le differenze di costo della vita (e dunque di soglia di povertà) tra le diverse aree del Paese. Se per l’Istat la soglia è 810 euro per un single a Milano e di 560 euro per uno che vive in un piccolo centro della Sicilia, una misura con unica soglia in tutto il Paese sovrastima la povertà al Sud e sottostima quella al Nord. Resta inoltre l’equivoco di fondo dell’efficacia della dote. Se la disoccupazione deriva dalla pigrizia della domanda e offerta a incontrarsi, allora l’incentivo-dote è efficace. Se il problema è invece la scarsa creazione di posti di lavoro per i limiti di efficienza del sistema Paese e per il contesto macroeconomico, allora la dote non aiuterà molto.

La storia della genesi e del travagliato parto del Reddito di cittadinanza testimonia che il dibattito, talvolta troppo acceso, partigiano e settario che è il quotidiano della vita politica di questo nostro Paese (dove non manca la passione politica popolare…), è forse in realtà una delle cose migliori che abbiamo. Perché, ferma restando la responsabilità del Governo per le sue decisioni finali, il confronto lungo e aspro produce comunque riflessioni, deliberazioni e risultati, sperabilmente, migliori. Se ci si ascolta...

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