venerdì 11 febbraio 2011
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Quando riscoprono la bellezza del sostenersi l’un l’altro, nei loro affetti più cari e più sacri, gli esseri umani sentono di percorrere la strada più giusta e anche più felice. Nel considerare la cura di ciò che è comune, riescono a diventare più umili, e perciò più forti. Il Figlio di Dio non volle cedere a nessun mercanteggiamento del sacrificio dell’altro per amore di sé: né per ragioni 'politiche', né per ragioni 'religiose'. Il suo stare dalla parte della vita, e dalla parte della vita di chi soffre, ci aiuta a considerare da che cosa siamo stati riscattati, anche per i tempi che dovevano venire: ieri, oggi, e sempre. E se si guarda più attentamente, intorno a Lui, che cosa è fiorito del seme gettato e martoriato, ci ritroviamo in compagnia di Zaccheo, del Samaritano, del Cireneo e del Centurione. Tutte persone che si sono messe dalla parte della vita. E da lì molti altri hanno lasciato scritto di sé il gusto di poter stare discretamente, ma efficacemente dalla parte della vita. Tutti sono diventati 'Buona notizia' per le donne e per gli uomini in cammino nella storia, rispetto agli interrogativi più profondi riguardanti il nostro vivere, amare, relazionarci, impegnarci. 'Buona notizia' che costantemente mette in rapporto materialità e spiritualità, terra e cielo. Nella storia dell’uomo, in mille modi facciamo calcolo sulla morte: in pensieri, parole, opere e omissioni. In mille modi le vendiamo l’anima. Lo facciamo al prezzo della vita altrui, nell’illusione di sopravvivere meglio. Lo facciamo svuotando la mente delle generazioni che vengono, catturando i loro occhi perché non si guardino dentro, infilando mille congegni nelle loro orecchie, perché rimangano sconnessi. Ma Dio non smette di ascoltare le grida, i gemiti, i silenzi delle persone e dei popoli impoveriti, colpiti, oppressi e sfruttati. Lui prende a cuore la loro condizione, si fa presente come il Dio della liberazione e della vita. Costantemente incoraggia, sostiene e accompagna le esigenze di dignità, di giustizia e di uguaglianza e di vita per chi soffre. Sono sempre tutti questi i poveri, e riusciamo a descriverli solo così, però ci dicono che hanno una gran voglia di essere messi 'dalla parte della vita', per crescere in dignità e valorizzare finalmente la loro vita. Certo, bisogna aver molto amato la vita di qualcun altro, per patire fino in fondo l’ostilità – 'l’inimicizia' – della morte. Questo patimento non va avvilito. Non accettiamo denari, in cambio di questa 'fede'. Un essere umano non cede su questa passione dell’amore che dà la vita: costi quel che costi. E spera, contro ogni speranza, per tutti. Non pensavamo che Dio avrebbe amato così tanto anche il corpo. Pensavamo che Dio, al più, si prendesse le anime: i corpi, e il mondo, li lasciasse al loro destino di inevitabile sgretolamento. Eppure, una voce indecifrabile, proprio nell’intimo del nostro abbandono, ci lanciava un segnale. Per non agevolare il lavoro sporco della morte, che ci fa dubitare dell’amore, però, possiamo molto. Moltissimo. È importante battersi per i legami dell’umano, non difendere gli adoratori della propria immagine, ma nei poveri e nei malati saper «vedere sempre il volto dei volti: quello di Cristo». (Benedetto XVI, XIX Giornata mondiale del malato)
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