Quel sogno costituzionale di Salvadori
martedì 9 giugno 2020

Caro direttore,
sono passati 40 anni dall’incidente stradale nel quale l’8 giugno 1980 moriva Bruno Salvadori, primo federalista militante del Dopoguerra italiano e probabilmente ultimo erede degli ideali di Carlo Cattaneo. In occasione dell’intitolazione a Salvadori della sala del gruppo parlamentare dell’allora Lega Nord presentai la bella biografia scritta su di lui dall’autonomista e politico valdostano François Stévenin 'Bruno Salvadori. Un federalista per l’Europa dei popoli'.

Era l’11 dicembre del 2008, la Lega era un’altra cosa da oggi, Salvini un giovane deputato appena uscito dall’esperienza di consigliere comunale a Milano. Vale quindi la pena fare un salto indietro e ricordare la storia di questo giornalista diventato poi esponente dell’area autonomista della politica valdostana, ammiratore di Emile Chanoux, martire della Resistenza, appartenente all’Azione cattolica, ucciso dai fascisti. Salvadori era figlio di quegli immigrati provenienti dal sud Italia, che appartenevano al proletariato cattolico, mai integrati nella realtà valdostana. «Essere valdostano non è una questione di razza », dichiarava il giovane giornalista che si era fatto da sé e che ammirava Adriano Olivetti (che fu vicino agli uomini politici che insieme a Chanoux scrissero la Dichiarazione di Chivasso, il documento siglato nel dicembre 1943 dai Resistenti delle Valli Alpine per la realizzazione di un sistema politico federale e repubblicano su base regionale e cantonale). Salvadori sognava un’Europa dei popoli e realizzò un’esperienza elettorale del tutto unica nel 1979, in occasione delle prime elezioni europee dove l’Union Valdôtaine, sotto l’egida del marchio 'Federalismo', presentò la sua lista in tutta Italia con una coalizione che riuniva le minoranze etniche delle nostre Regioni, tra cui Alpazur, le Comunità Giuliano-Dalmata e Istriana, Coumboscuro, il Fronte Giustizialista Siciliano, i Ladins, la Liga Veneta, gli Occitani, il Partei der Unabhängigen, il Partito popolare trentino tirolese, il Partito Federalista Europeo, Sardinya y Llibertad, Slovenska Skupnost...

Un’Italia di mille identità che solo per un pugno di voti non ebbe la rappresentanza in Europa. Pensare che la Lega nasca da un’intuizione così differente dalla evoluzione che poi avrebbe preso, incuriosisce ancora di più. Sarebbe stata notevole l’ipotesi di un percorso federalista simile a quello svizzero, spagnolo e statunitense. Stévenin, uno dei pochi testimoni e amici ancora viventi di Salvadori, dichiara: «Bruno non avrebbe mai immaginato una Lega partito nazionale né una Lega euroscettica né tanto meno, una Lega alleata ai neonazisti e neofascisti di Francia, Germania e altri Paesi europei». L’11 dicembre 2008, a Roma, Umberto Bossi volle con sé a testimoniare questa visione 'alta', Aureli Argemí i Roca, teologo e attivista per i diritti umani, che aveva passato due anni in prigione durante il regime franchista, e Charles Ricq, allora direttore del Centro osservatorio europeo delle Regioni, deceduto nel 2018. Salvini era parlamentare alla Camera da appena sette mesi ed era presente a questo incontro confuso tra la folla dei peones.

Ma torniamo a Bruno Salvadori, la lista 'Federalismo' fu l’occasione per la quale Bossi lo conobbe e divenne un suo allievo, attivista e promotore in Lombardia del primo giornale della Lega. Possiamo domandarci cosa sarebbe stato il movimento autonomista in Italia se 8 giugno del 1980 a Genova Salvadori non fosse morto in un maledetto incidente. Secondo Stévenin, e secondo la vedovadi Salvadori, «un’altra cosa». Umberto Bossi deve tutto a Salvadori, ma ormai da tempo Bossi non ha più peso specifico in questo strano ircocervo che è diventata la Lega di Salvini. Un uomo della sinistra storica come Giorgio Napolitano, da presidente, pronunciò queste parole: «Il Federalismo è una vera assunzione di responsabilità».

È una citazione cara al presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, sostenitore dell’idea che «il Federalismo aggrega i Paesi e non li divide» e al presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che ha fatto dell’autonomia una delle sue bandiere. La pandemia ha purtroppo impedito che le celebrazioni per i 40 anni dalla morte di Bruno Salvadori si potessero trasformare in una riflessione quanto mai necessaria, anche rispetto alla manifestazione del 2 giugno, culminata con l’aggressione verso i simboli dello Stato al quale Bruno Salvadori dimostrava dedizione e fedeltà assolute. Il Federalismo indica la prospettiva e realizza la condizione di un insieme di entità autonome, legate tra di loro da un Foedus, un patto. E si può ben essere federalisti e nello stesso tempo credere nei valori della Costituzione repubblicana e difenderli.

Direttrice di Angelipress.com

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