Quanto conta essere stato Gesù (e proprio in quel film)
venerdì 18 settembre 2020

Ha colpito anche me la morte a 76 anni dell’attore... mi correggo, del non-attore che ha interpretato Gesù nel 'Vangelo secondo Matteo' di Pier Paolo Pasolini. Tutti noi, che abbiamo conosciuto Pasolini, abbiamo visto quel film, e ne siamo stati travolti. Più travolto di tutti, Franco Fortini, che non riuscì a vederlo fino alla fine.

Era a Firenze, entrò nel cinema, ma ben presto dovette scappare, sopraffatto dall’angoscia che il film gli trasmetteva. Me lo raccontò lui stesso. Il Cristo del film era così veritiero, così credibile, così affascinante nel suo volto mediterraneo, nella sua barba da radere, nei suoi slanci di pietà, nei suoi impeti di collera, che veniva spontaneo credere che stesse predicando in quel momento per noi spettatori del cinema. Così leggero e delicato quando avanza a cavallo di un asino, e pare una scena poverella, proletaria, contadina, se non fosse per la musica e per il canto, che accompagnano la sua venuta suonando e cantando: 'Gloria, gloria, gloria!'.

Quella è la gloria. La massima gloria, la gloria sovrumana. «Perché non sceglie gli interpreti fra gli attori?», chiesi a Pasolini, dopo aver visto il film. «Perché l’abilità interpretativa non m’interessa. Scelgo i miei interpreti fra la gente qualunque. Dico al mio interprete: caccia i mercanti dal tempio a colpi di frusta, picchiando ora questo ora quello, e il mio interprete va e fa perché è arrabbiato, non perché è un bravo attore». «Ha messo anche sua madre Susanna, nel film, le fa fare la Madonna, che piange quando mettono in croce suo figlio, come l’ha istruita?» .

«Le ho detto soltanto: piangi come quando hai visto tuo figlio Guido ucciso». Guido era un partigiano. Il pianto di Maria per il figlio messo in croce è anche il pianto delle madri dei partigiani trucidati. Capisco che Fortini sia scappato dal cinema, è difficile reggere tutta questa angoscia. Non la scatena l’interprete di Gesù, lo spagnolo Enrique Irazoqui, morto mercoledì scorso.

Non è un effetto dell’abilità attoriale. È un effetto dell’autenticità. Enrique era in Italia per fare propaganda contro Franco, aveva un volto più giovane della sua età, e Pasolini era convinto che così doveva essere il volto di Gesù. Giovane, spontaneo, bello, sincero, severo. Enrique era profondamente comunista. A Pasolini pareva che la predicazione di Cristo andasse d’accordo con la liberazione dei poveri, senza-potere, senza-casa, che attendono giustizia e non la ricevono mai. Eppure 'Il Vangelo secondo Matteo' è un film mistico, il film di un credente. Noi amici di Pasolini ci spaccavamo il cervello a discutere: ma questo Gesù è un uomo o un Dio? Un uomo che sale o un Dio che scende? Si può dire o non si può dire che Pasolini era credente? Per me, si poteva dire. E Fortini lo ha capito. Per questo è scappato dal cinema. Il film era girato tra i Sassi di Matera.

Anche Mel Gibson avrebbe poi girato la sua 'Passione' tra i Sassi. C’è un punto sopraelevato da cui si vede il paesaggio di Matera, con il fiume che si muove a serpentina, e tutto pare così intatto, così arcaico, così evangelico, che ti aspetti di vedere Gesù mentre vien battezzato in quel fiume. Lì è stato Enrique Irazoqui. Che sia stato comunista non conta più. Che sia stato antifranchista nemmeno. Che sia stato Gesù, questo conta.

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