Punita l’Ong che salva in mare. Anche se un video accusa invece i libici
venerdì 8 dicembre 2023

Aver ostacolato le operazioni di soccorso della cosiddetta Guardia costiera libica. Sono le motivazioni per le quali la “Humanity 1” della Ong tedesca Humanity Sos dovrà restare per venti giorni nel porto di Crotone dove è approdata con più di 200 persone soccorse e salvate in vari interventi. E pagare anche 3.300 euro di multa.

Se non fossero drammaticamente assurde, queste motivazioni delle autorità italiane potrebbero far sorridere. Sappiamo bene, dalle testimonianze degli stessi migranti e dalle denunce dell’Onu, dell’Oim e dell’Unhcr, dove finiscano le persone “salvate” dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Nelle prigioni lager dove sono vittime di violenze, torture e ogni tipo di sopruso per estorcere loro altri soldi. Per poi farli risalire in barca e tornare a “salvarli”.

Ma questa volta il drammatico “gioco” è stato interrotto. Venerdì una motovedetta libica ha abbordato un gommone con più di cento persone. Uno speronamento più che un salvataggio, con i migranti pericolosamente in bilico, oltretutto senza giubbotti di salvataggio, con mare grosso e forte vento. Il gommone era stato segnalato da tempo e, infatti, tutto la scena è stata filmata dal piccolo aereo della “Seabird 1”.

Intanto all’orizzonte è apparsa la sagoma bianca e blu della grande “Humanity 1”, la vera salvezza per i migranti. Così a decine si sono gettati nelle acque gelide, come piccole formiche che annaspano cercando di tenersi a galla. Una scena terribile, una scelta di libertà: la nave dell’Ong, l’Italia e non i i lager libici. Meglio correre il rischio cercando vera salvezza che essere “salvati” per finire in carcere. Se non peggio.

Alcuni migranti hanno addirittura raccontato di spari dei “salvatori” libici. Eppure, secondo il provvedimento di sequestro, in base alle nuove norme sull’immigrazione del governo Meloni che regolano soprattutto gli interventi delle Ong, il comportamento di “Humanity 1” avrebbe ostacolato il soccorso e messo in pericolo le vite umane e per questo, nonostante abbia salvato tutti i migranti portandoli in un porto sicuro, è stato disposto il fermo amministrativo.

Insomma, colpevoli e sanzionati per aver salvato persone, per aver impedito l’osceno riaccompagnamento forzato in carcere dei migranti. Unico “sconto” attraccare a Crotone invece di Livorno, porto inizialmente indicato. «Sempre salvando la vita di chi rischia di morire nel Mediterraneo: è la legge del mare, è la legge dell’umanità, per le quali non ci sono deroghe», è tornato a ripetere domenica su “Avvenire” il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Maria Zuppi. E le immagini dall’alto del piccolo aereo descrivono bene chi salva e chi arresta.

Ma lo si sapeva bene anche prima. Lo sanno le nostre autorità che, invece, sanzionano le Ong quando salvano “troppe” persone, come se soccorrere avesse un limite. Salvo fino a qui, poi arrangiati. Un ragionamento crudele che diventa ancor più preoccupante con la ripresa in forza delle partenze dalla Libia. La novità dei grandi pescherecci con centinaia di migranti (8 tra ottobre e novembre con più di tremila persone), il ritorno degli insicuri gommoni e delle barche in legno stracariche. Anche ora che le condizioni meteo sono pessime.

Si parte dalla Libia e, coincidenza, la cosiddetta Guardia costiera si rimette in mare per “salvare” e fare affari. Ma se le Ong, presenti ancor di più con il mare ad alto rischio, si mettono di traverso, salvando davvero, sono le autorità italiane a punirle. Davvero assurdo e crudele. Soprattutto se avviene lo stesso giorno in cui una donna di 24 anni eritrea invece non è stata salvata in tempo ed è morta nel durissimo viaggio verso Lampedusa. Morta di freddo e di stenti. Partita col marito, lasciando il figlio alla nonna. Lui che ce l’ha fatta, assieme ad altri cento su un barcone di legno.

Perché si continua a partire, anche se si scrive meno, per cercare un futuro. E come sempre c’è chi salva e anche se assurdamente punito, tra venti giorni sarà ancora in mare a portare soccorso. Salvare coi fatti sulla prima linea dell’umanità. Ma in venti giorni quanti altri avrebbero potuto essere salvati? E quanti, invece, potrebbero morire o finire nei lager libici?

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