Perché le parole della vedova di Kirk sono state parole di vita

Erika ha perso il marito eppure, davanti all'America ha parlato di perdono invece che di odio. La sua voce appena sussurrata ci ha trafitto l'animo più di una spada a doppio taglio
September 21, 2025
Perché le parole della vedova di Kirk sono state parole di vita
Ansa | Erika, la vedova di Charlie Kirk, durante i funerali del marito
Le uniche parole di cui questo mondo aveva bisogno. Un mondo vecchio, di egoismi, orgogli, superbie; avaro di tenerezze, solidarietà, fraternità. Un mondo sospettoso, impaurito, che corre il rischio di smarrire quel patrimonio immenso di pietà, collante tra le generazioni e le culture. In questo mondo grigio si è levata la tua voce, Erika: « Sulla croce il nostro Salvatore disse: “Padre, pedona loro perché non sanno quello che fanno”, quell’uomo, quel giovane, io lo perdono». Una voce fioca, appena sussurrata, rotta dall’emozione e dal pianto; una voce che ci ha trafitto l’animo più di una spada a doppio taglio. Ci ha fatto tanto male e tantissimo bene. Siamo rimasti ammutoliti.
Charlie Kirk, suo marito, è morto, qualcuno gliel’ha ammazzato, rendendo orfani i suoi bambini e vedova lei. Un uragano che si è abbattuto all’improvviso, stravolgendo la vita della sua bella famiglia. Nel giro di pochi giorni si è scatenato il finimondo. Tutti si sono sentiti in diritto di commentare, rimproverare, osannare.
Chi era Kirk lo abbiamo saputo dai mille servizi apparsi in ogni lingua. Non era un fannullone, un odiatore seriale, un guerrafondaio. Era un cristiano, aveva le sue idee, opinabili come quelle di chiunque. Una persona intelligente, colta, che non ricusava il confronto con i coetanei, non si nascondeva nella mischia, non cavalcava l’onda. Un giovane interessante col quale non ci si annoiava. È stato ucciso. Qualcuno si è appropriato di un diritto che nessuno gli aveva concesso, quello di togliergli la vita. Folle, che fai? Perché ti lasci precipitare verso l’abisso? Non essere vigliacco, parla, dialoga, confrontati, esponi le tue idee; litiga pure se vuoi, ma davanti alla vita altrui, fosse anche quella del tuo nemico, fermati. Su questo atomo che chiamiamo terra dobbiamo imparare a convivere. Non siamo pochi ma nemmeno tantissimi. Così simili, così diversi. Incontrarci è bello, scontrarci quasi mai necessario.
Dopo il tempo in cui ci siamo fatti male con le clave, le spade, gli archibugi, i cannoni e le trincee, passammo alle bombe cosiddette atomiche. Un disastro. Un incubo. Ci illudemmo, poi, di aver imparato la lezione. Mai più la guerra! Mai più la guerra! Le illusioni si sono presto infrante. L’odio galoppante continua a dividerci in ciechi schieramenti contrapposti. Tutti sospettano di tutti. Chi scatena le guerre se ne sta al sicuro nei suoi palazzi, a morire ci manda sempre i figli dei poveri, quelli che Gesù predilige. L’odio galoppante, i bambini dilaniati, stuprati, fatti crepare di sete, di fame, di terrore, sta uccidendo la pietà. Il numero delle vittime di queste ultime, disumane, guerre non si potrà mai conoscere. Possiamo contare i morti, i feriti, i mutilati, i profughi, mai e poi mai saremo capaci di venire a conoscenza dei danni procurati nei cuori e nella psiche della gente. Mai potremo sapere in quali gelidi abissi è stata scaraventata questa nostra povera umanità.
Dopo secoli di studi, di sofferenze, di atrocità, di speranze, ancora non abbiamo imparato che la vita è sacra. Non perché giovane, ricca, in ottima salute. È sacra per il semplice fatto che è vita. La tua, la mia, quella dei nostri figli o del bimbo ancora vivo sotto le macerie della casa che fu sua. Vita preziosa, fragile, unica, irripetibile.
Non è solamente mia la mia vita, appartiene anche a te. E io sarò veramente uomo solo se saprò farmi tuo custode. Non è vero che tu sei il mio inferno. Colui che fece questa affermazione aveva di certo le sue ragioni, ma si sbagliava. Non è vero che rubi spazio ai miei spazi. È vero, invece, che senza di te, vivere è un tormento. Vieni, dammi la mano, abbracciami, vedrai che ce la faremo. Abbiamo a disposizione il mondo. Se imparerò a godere dei tuoi trionfi avrò vinto la sfida. Se il tuo benessere mi procurerà invidia, avrò fallito. Bisogna correre ai ripari, impedire alla serpe maledetta di continuare a mordersi la coda. Occorre disinnescare la bomba. Abbiamo bisogno di artificieri esperti. Di chi, ingoiando sudore e sangue, si fa avanti per mettere al riparo l’umanità.
E, del tutto inaspettata, sei arrivata tu, Erika. Le parole del Vangelo sulla tua bocca hanno ripreso vita, ci hanno schiaffeggiato. Hai perdonato chi ti ha strangolato il cuore, chi ha rubato il padre ai tuoi bambini. Noi, cristiani di antica data, pur sapendo che questa è l’unica strada da percorrere, non sempre siamo stati capaci di imboccarla. Costa. Se il chicco non marcisce, però, la spiga non nasce. Sulla croce Gesù morì martire per amore. Sotto la croce, senza versare il sangue, Maria, offriva al Padre il suo martirio. Quanto le somigli, Erika. I nostri ragazzi, stufi di maestri, improvvisati o meno, vogliono conoscere testimoni autentici. Chiedono di incontrare gente come te. Grazie, Erika. E adesso, America, punisci severamente l’assassino di Kirk ma resisti alla tentazione di condannarlo a morte. Non ripetere il suo stesso errore. Non imitarlo nel calpestare l’incommensurabile dono della vita.
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