Il Papa in Ungheria, "sforzi creativi" per quest'oggi
venerdì 28 aprile 2023

Come il Danubio dai ponti di Budapest, anche il primo discorso del Papa, venerdì in Ungheria, è inframmezzato da alcuni interrogativi, che potrebbero essere considerati altrettanti attraversamenti. Finalizzati cioè a riunire le metà slabbrate di una convivenza civile che la guerra, il «ruggire dei nazionalismi», le chiusure verso chi arriva, la sete di potere e di guadagni sta mettendo seriamente a rischio. Punti di domanda come altrettanti ponti, dunque. Alcuni chiaramente espressi, come quello che soprattutto deve inquietare le coscienze, di governanti e politici in primis, ma più in generale di ogni singolo cittadino europeo.

A proposito del conflitto che da più di un anno devasta l’Ucraina e rischia di allargarsi con conseguenze catastrofiche, chiede infatti Francesco, citando Robert Schuman: «Dove sono gli sforzi creativi di pace?». Non ci si può rassegnare «a una sorta di infantilismo bellico». La pace è uno sforzo sensato e corale, vero realismo opposto ai massacri, agli slogan e agli affari della guerra. Altri interrogativi, invece, sono più impliciti, ma non meno chiari. E si potrebbero sintetizzare così: dov’è l’Europa capace di non diventare preda di «populismi autoreferenziali»? Dov’è il continente che sa accogliere i migranti, lavorando a «vie sicure e legali» di ingresso? Dov’è l’Unione «centrata sulla persona e sui popoli», che non si trasformi «in una realtà fluida, se non gassosa», oggetto di «colonizzazioni ideologiche», come la cosiddetta cultura del gender, o di false concezioni della libertà, come «un insensato diritto all’aborto», che è invece «sempre una tragica sconfitta»?

Domande che non si possono eludere e che significativamente il Pontefice propone all’Europa e al mondo dalla controversa Ungheria. Anche il luogo in cui queste parole sono state pronunciate conta infatti tantissimo. Così come il richiamo secondo cui «i valori cristiani non possono essere testimoniati attraverso rigidità e chiusure», il che fa venire alla mente la più volte criticata politica migratoria di Budapest e soprattutto le posizioni espresse dal primo ministro Viktor Orbán, che venerdì ha avuto un colloquio privato con il Pontefice.

Francesco, però, non è un Papa che parcellizza le questioni. Ciò che più di tutto emerge dal suo discorso alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico (e in generale dalla prima giornata del viaggio), è la capacità di tenere insieme i problemi, mostrandone gli intimi collegamenti e le possibili soluzioni. Come con la Laudato si’, e successivamente con la Fratelli tutti, il Pontefice ha ricordato al mondo che esiste un’unica crisi che si declina in tanti ambiti, così ha sottolineato che la pace «non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti: attente alle persone, ai poveri e al domani».

La pace, dunque, non come un singolo manufatto, ma come un’architettura complessiva. Che richiede perciò l’impegno di tutti. Così dal Palazzo Sandor della capitale ungherese, dove Francesco ha parlato, sono partiti diversi messaggi. Diretti non solo a Mosca e a Kiev, ma a tutte le cancellerie, quelle di Pechino e Washington in primo luogo, perché gli «sforzi creativi» di pace siano finalmente messi in atto. Quindi a Bruxelles e a Strasburgo, perché riprendano il sogno dei padri fondatori di una unità che, senza annullare le identità dei Paesi membri, sia anche e soprattutto antidoto all’insorgere di nuovi conflitti. A tutte le capitali del Continente, perché «l’Europa non sia ostaggio delle parti» e anzi siano promosse «politiche effettive per la natalità e la famiglia» che, ha riconosciuto il Pontefice, «già sono perseguite con attenzione in questo Paese». E alle istituzioni comunitarie, perché la questione dei tanti che fuggono da conflitti, povertà e cambiamenti climatici - «sfida epocale che non si potrà arginare respingendo» - venga affrontata insieme, altrimenti si mette a rischio il futuro di tutti.

Pace, punti interrogativi, ponti. Sono le tre “P” di questo discorso, che non è esagerato definire memorabile. E a proposito di ponti, ecco che proprio il ponte più famoso di Budapest, il “Ponte delle Catene”, offre a Francesco il destro per la sintesi definitiva. Tanti anelli diversi che trovano la propria saldezza nel formare insieme solidi legami. Così sia l’Europa. Così si rilanci il suo sogno. Così si costruisca la pace.

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