mercoledì 11 giugno 2014
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Gentile direttore,ho riflettuto sulla recente visita di Papa Francesco in Terra Santa e sull’appello a non strumentalizzare il nome di Dio per giustificare la violenza. Mi è tornato alla mente quanto disse Benedetto XVI nel discorso su "Fede e Ragione" all’università di Ratisbona, discorso che conservo insieme a stralci dei giornali di allora. Sì, perché ne seguirono articoli, distinguo, spiegazioni, accuse e quant’altro. Oggi invece tutti concordi e paciosi… A me pare che il Messaggio, quello del Vangelo sia, allora come oggi lo stesso, magari espresso con parole e toni diversi. Sempre lo stesso che ho rivisto e sentito, tante volte nelle parole di Giovanni Paolo II. Ed ecco che ho un sussulto riguardo il fatto che Papa Francesco sia spesso e volentieri tirato di qua e di là per la tonaca, sempre pro domo sua anche da chi prima guardava con occhio critico, per dirla nel migliore dei modi, all’agire dei suoi predecessori. Incredibile e, temo, devastante. Ma spero che, questa volta, all’ingresso in Gerusalemme non segua presto il crucifige.

Claudio Donati, Villasanta (Mb)
All’ingresso a Gerusalemme, per la coinvolgente iniziativa di Papa Francesco, è seguita stavolta la triplice «invocazione di pace» al Dio di Abramo. A Roma, nella «casa del Papa». Tutta un’altra storia, per provare a scrivere davvero un’altra storia e non solo in Terra Santa... Ma capisco bene che cosa teme e perché, gentile signor Donati. Eppure noi cattolici non possiamo essere uomini e donne del timore. E il Papa, con il sorriso e con la chiarezza, con il suo speciale e inconfondibile accento cristiano, continua a insegnarci la via del coraggio. Ci sarà sempre qualcuno – e già c’è più d’uno – che grida al crucifige e con abilità degna di miglior causa si mostra capace e voglioso di usare tutto l’armamentario dei sinedri d’ogni tempo: gli "anatemi" (anche laicissimi) facili che muovono e accecano le folle, la frusta delle "rigidità dottrinali", i chiodi aguzzi del "politicamente corretto", le lance definitive del "pensiero dominante"… Ma noi – assieme a tutti quelli, credenti e no, che la voce e l’esempio di Francesco stanno raggiungendo e toccando – ormai sappiamo bene chi ascoltare e seguire sulla via della "buona notizia" che illumina e scomoda la vita, nella fedeltà a Gesù Cristo e al duplice e più grande comandamento che ci ha insegnato: amare il Padre e amare i nostri fratelli e sorelle in umanità come noi stessi (Mt 22,35-40). Sta scritto che niente importa di più. Ed è semplicemente così.
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