mercoledì 2 giugno 2010
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Pare una notizia di colore, che sui mezzi di trasporto la Cina abolisca la parola "compagno" e la sostituisca con "signore", invece indica una trasformazione epocale: muore un’idea di società, crolla uno dei cardini dell’ipotesi comunista. Il termine "compagno" valeva in tutte le società comuniste, costruite o costruende. Quindi anche in Italia tra i militanti del Pci, quando il Pci era un grande partito. Nel mondo comunista, "compagno" si affibbiava a tutti i ruoli, e dunque tutti i ruoli venivano livellati sullo stesso piano: il "compagno soldato" salutava il "compagno generale" su un piano di parità. La parità era nella destinazione: ambedue marciavano, ognuno con le forze che aveva, verso la stessa società, la stessa vita.Finora in Cina sui trasporti pubblici i passeggeri eran chiamati "compagni", d’ora in poi i controllori e i conducenti hanno l’obbligo di chiamarli "signori". Lo raccontava il "Corriere" ieri. Che questo avvenga in Cina, stato a vorticoso aumento di produzione, di ricchezza, di condizionamento sul mondo occidentale (anzitutto sull’America), è di enorme importanza, perché coloro che cercano di vedere quale sarà la guida (economica, produttiva, militare) dell’umanità di domani, quando l’America non ce la farà più, indicano che questo ruolo lo svolgerà la Cina. Ognuno di noi, che abbia viaggiato nelle società del comunismo reale, ricorderà l’impatto stridente con il soldato che chiamava l’ufficiale "compagno colonnello", mentre da noi il non chiamarlo "signor colonnello" (ma, per esempio, soltanto "colonnello"), era un’infrazione al regolamento militare e meritava una punizione. Era (è ancora) il problema delle reclute. Abituate, fino a un giorno prima, a dire "scusi, professore", o, nelle fabbriche, "scusi, capo", ci mettevano un po’ a inserire il "signore", per dire "scusi, signor tenente". E venivano punite.Il "signore" mette una distanza, il "compagno" la annulla. Col "signor tenente" tu non tocchi il tenente, ti fermi a tre passi. Col "compagno colonnello" ti avvicini. Col "fratello" lo abbracci. "Fratello" è il termine delle comunità religiose, "fratello" non indica soltanto una parità nella destinazione, come "compagno" (andiamo verso l’uguaglianza, lavoriamo per lo stesso traguardo), ma anche una parità nell’origine: tutti siamo stati creati e tutti moriremo, nel viaggio tra quella origine e questa fine ci riconosciamo membri della stessa famiglia. Il "compagno" valeva nel lavoro: lavoriamo nelle stesse condizioni, per un padrone che è lo Stato cioè noi, quindi non possiamo scioperare, perché noi non possiamo lottare contro di noi. In un mondo di "compagni" le scuole, le carrozze dei treni, le cabine delle navi, sono tutte uguali, perché noi spartiamo gli stessi beni e gli stessi mali.Con i "signori" cambia tutto, i "signori" stanno al di sopra di chi li chiama così, coloro che lavorano nei mezzi di trasporto adesso si mettono al servizio di coloro che viaggiano. Ci ponevamo da tempo, confusamente (guardare lontano confonde la vista), una questione. Quando è caduta Roma, l’umanità ha perso la sua guida (e Agostino ha scritto "La Città di Dio", ritenendo che non valesse più la pena guardare sulla Terra). Quando è caduta Costantinopoli, è caduta la seconda Roma. Quando è finito il comunismo sovietico, la casa editrice Einaudi ha ristampato "La Città di Dio" nei Millenni, ritenendo che fosse caduta la terza Roma. Le Due Torri non han fatto cadere l’impero americano, ma han mostrato che cadrà, perché è perforabile: le Due Torri stanno all’impero americano come i primi sconfinamenti dei barbari stavano all’impero romano. Il mondo cadrà sotto un’altra influenza. Man mano che si prepara a esercitare quest’influenza, il nuovo mondo dominante prende sempre più le somiglianze col vecchio mondo che sta sostituendo: certo, si tratta di percorrere migliaia di chilometri, e la fine del termine "compagno" è soltanto un metro. Ma indica la direzione. Comunque, il cambiamento più grande e definitivo avverrà quando tutti gli uomini si chiameranno, gli uni con gli altri, col termine più giusto e più dolce: "fratelli".
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