Aprire gli occhi e contrastare gli inaccettabili serbatoi di manodopera
venerdì 23 giugno 2023

Sfruttamento generalizzato, frode fiscale sistematica. Se le accuse contro Esselunga e i suoi manager passeranno il vaglio del Giudice delle indagini preliminari, si staglierà in modo chiaro quello scenario drammatico del mercato del lavoro, di cui si sospetta da decenni ma che le autorità, le parti sociali e tutti noi pur avendolo davanti agli occhi evidentemente non vogliamo vedere: la gran parte degli appalti di manodopera è irregolare, funzionale solo ad abbassare il costo del lavoro e a nascondere elusione fiscale e contributiva, attraverso false cooperative di lavoratori mal pagati e assai poco tutelati.

Questa della Procura di Milano è infatti l’ennesima inchiesta sullo stesso filone che ha visto già indagate – e sanzionate – tra le altre Fiera Milano, Uber, Tnt, Lidl, Dhl, Gls, Brt, Geodis, i colossi della logistica italiana e internazionale che, con diversi gradi di responsabilità ma identico meccanismo, hanno sfruttato i cosiddetti “serbatoi di manodopera”. Si tratta per l’appunto di cooperative solo di nome, che nascono e muoiono nel giro di pochi anni per evitare i controlli, nelle quali i lavoratori sono soci solo formalmente, ma non hanno alcuna voce in capitolo né tantomeno diritti di voto nelle assemblee e vengono trasferiti da una coop all’altra come in una transumanza. Serbatoi di braccia umane, di fatto, di lavoratori da impiegare il più a lungo possibile e pagare il meno possibile, privi dei diritti conquistati dai dipendenti diretti delle aziende presso cui vengono “somministrati” (illegalmente). Contenitori, inoltre, utili per emettere fatture, molto spesso false o gonfiate, tali da assicurare ai committenti indebiti risparmi fiscali o provviste di fondi neri. Come, nelle stesse ore, è emerso anche in un’altra indagine - questa addirittura per “caporalato” sui lavoratori - condotta dallo stesso pm di Milano, Paolo Storari, in collaborazione con la Guardia di Finanza del capoluogo lariano, a carico della società cooperativa Servizi Fiduciari, parte del gruppo Sicuritalia, leader nel settore della vigilanza privata. Con vigilantes pagati 5 euro l’ora, 650 ore al mese, mal indennizzati in caso di ferimenti, variamente vessati e minacciati di licenziamento. Lavoratori poveri, a cui veniva applicato il contratto meno favorevole del settore Vigilanza, anziché quello Multiservizi, poi addirittura derogato in più parti con ulteriori tagli alle retribuzioni - al di sotto dei livelli di sussistenza notano i magistrati - ed estensione del ricorso allo straordinario.

Esselunga da parte sua, oggetto di un decreto di sequestro preventivo di 48 milioni di euro, si dichiara «estranea a tutte le accuse e ribadisce di aver sempre agito nella legalità». E resta innocente fino a giudizio contrario. Ma, in ogni caso, anche solo l’apertura di una così importante inchiesta sul campione nazionale della Grande distribuzione organizzata segna un punto di svolta che non può essere più ignorato dalla politica e dalle parti sociali. Le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali sono rimaste troppo a lungo cieche e silenti su quanto avviene fra i propri associati da una parte, e accanto ai dipendenti dei grandi gruppi rappresentati dall’altra. Le denunce sono state poche e deboli, le tutele della contrattazione garantite solo ai lavoratori “interni” e non agli “esterni”. Anche il sistema cooperativo, per la grandissima parte sano e autentico, non è evidentemente in grado di garantire la legalità con i soli controlli interni, facilmente aggirabili. Né, d’altro canto, è più possibile affidarsi ancora e solo alla supplenza della magistratura, alla sua azione repressiva.

Occorre, invece, una risposta più forte, preventiva, da parte del Governo e del Parlamento. Con norme che circoscrivano e restringano nettamente i confini della somministrazione di manodopera. E, accanto, una vigilanza più attiva delle parti sociali e dei cittadini-consumatori. L’alternativa è arrendersi a un sistema che sfrutta i lavoratori e sottrae risorse al fisco, cioè a tutti noi cittadini, secondo il motto “spremerne tanti per arricchire pochi”.

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