mercoledì 23 settembre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Da eroina dell’antimafia a collusa con la ’ndrangheta. Il 3 dicembre 2013 il mondo era crollato addosso a Carolina Girasole, ex "sindaco coraggio" di Isola di Capo Rizzuto. Gli arresti domiciliari per quasi sei mesi con l’accusa di corruzione elettorale con l’aggravante dei metodi mafiosi, e di turbativa d’asta per la gestione dei beni confiscati al potentissimo clan Arena. Ieri l’assoluzione con formula piena, per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste. Il massimo per un’assoluzione. Per lei e per il marito Francesco Pugliese, raggiunto dalle stesse accuse. Una decisione netta, senza alcuna ombra, mentre l’accusa aveva chiesto ben sei anni.«È la fine di un incubo», ha commentato. La procura non aveva mai abbandonato le proprie convinzioni, malgrado via via fossero emersi errori nelle indagini, incongruenze, intercettazioni mal trascritte, addirittura il contrario di quanto in realtà detto nei dialoghi tra le persone intercettate. Malgrado testimonianze in gran parte a suo favore. Il grande "scandalo" dell’eroina finita nel fango andava portato fino in fondo, anche a costo di finire in un nulla di fatto. E infatti il desolante "teorema" accusatorio è crollato.Ora chi ridarà alla Girasole questi due anni vissuti a provare la sua innocenza? Due anni senza strepiti, senza urla, raccogliendo documenti e testimonianze, difendendosi nel processo, per riaffermare che lei era "quella" Carolina e non "quell’altra". Era quella che avevamo incontrato sette anni fa nel suo paese, poco dopo le elezioni "incriminate", quelle per le quali secondo l’accusa avrebbe chiesto e ottenuto i voti del clan Arena. Ci aveva fatto vedere i terreni confiscati, assegnati al Comune e mai utilizzati. Ci aveva portato sui terreni, anche questi del clan, dove si volevano costruire parchi eolici facendo sporchi affari con l’energia pulita. Poi su quei terreni confiscati era nata, su sua iniziativa e col contributo di Libera, una cooperativa di giovani. E i parchi eolici erano stati bloccati.Non antimafia di chiacchiere ma di atti concreti. Come, purtroppo, la lunga lista di attentati e intimidazioni che Carolina Girasole e la sua famiglia avevano poi dovuto subire. E che il sindaco andava a denunciare pubblicamente, in particolare in occasione della presentazione dei rapporti sui sindaci minacciati promosso da Avviso pubblico, l’associazione dei comuni più impegnati sul fronte della legalità della quale era vicepresidente. «Non sono più tranquilla – ci disse 4 anni fa – però vado avanti fino in fondo. Noi stiamo provando a cambiare questo paese».Un esempio per tutti il sindaco di Isola. Così come altre due donne calabresi, anche loro sindaco, anche loro in prima fila sul fronte della lotta alle cosche, anche loro nel mirino delle cosche, Elisabetta Tripodi di Rosarno e Carmela Lanzetta di Monasterace. Eroine da portare in palmo di mano, da esibire, anche da "sfruttare" in campagna elettorale. E poi da scaricare. Come è successo a Lanzetta, ministro per meno di un anno nel governo Renzi. Come è successo a Tripodi, sfiduciata pochi mesi fa dalla sua stessa maggioranza. Molto peggio è toccato a Girasole. Quanti, dopo, si sono esercitati nel "l’avevamo detto", "si capiva...", "non era tutto limpido...". Anche nel mondo dell’antimafia che come l’aveva portata in trionfo, così repentinamente ne ha preso le distanze, quasi per paura di sporcarsi. Questo le ha fatto più male, ce lo ha ripetuto più volte tra le lacrime, ce lo ha detto anche ieri. Quanti silenzi, quanti gelidi allontanamenti.Accanto a Carolina è rimasta l’antimafia che sa davvero cosa sia il dolore e il riscatto, quella dei familiari delle vittime della ’ndrangheta, degli imprenditori che non pagano le cosche e denunciano, dei sacerdoti che fanno crescere la speranza. Ma anche dei veri esperti di ’ndrangheta. Da loro ieri sono arrivati messaggi di gioia e di amicizia. Mentre altri sono nuovamente rimasti in silenzio. Silenzio imbarazzato. Carolina ha creduto nella giustizia e ha avuto giustizia. Ha riavuto il suo onore. Chi sulla sua vicenda ha speculato ora taccia. Chi l’ha velocemente scaricata si scusi con fatti concreti. Chi accusandola ha sbagliato, ammetta i propri errori e ora accenda i fari su altri veri scandali di Isola. Lì ci sono i veri "amici" delle cosche e i "nemici" di Carolina, sindaco e donna coraggiosa. Non si può e non si deve far guerre insensate alle persone giuste.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: