Non riducete Napoli a un talk-show
martedì 10 novembre 2020

È abbastanza noto che a Napoli i problemi non mancano. Il Covid certo non li poteva far diminuire. Nonostante alcune eccellenze, il sistema sanitario regionale, tra l’altro da poco uscito dal commissariamento, (per mano dell’attuale governatore) non può essere indicato come un modello. Quasi indenne dalla prima ondata, la Campania è ora nell’occhio del ciclone della seconda, con cifre – circa 4mila contagi al giorno – che stanno creando allarme anche nelle strutture più importanti e attrezzate. Le code di autoambulanze e di auto private con potenziali malati a bordo curati nel piazzale del Cotugno sono diventate già tristemente note. Immagini drammatiche, come l’appello dei sanitari che invocano un lockdown totale e non le mezze misure di un’area gialla che in Campania quasi nessuno si aspettava.

Ma immagini che hanno trovato subito il controcanto beffardo e offensivo di un’altra parte della città, i viali del lungomare, affollati di gente, non solo giovani, attratta certo dalla bella giornata domenicale e da un panorama di cui è difficile stancarsi. D’altra parte, la passeggiata in riviera era, a suo modo, un privilegio in più per i napoletani, poiché, tra tutti i lungomari della Regione – ce ne sono in quantità lungo le coste – era tra i pochi a non essere transennato e chiuso, come del resto le strade di maggiore affluenza, in base a specifiche ordinanze di sindaci. Insomma, riviera si, riviera no, a seconda del caso. Perché mai? È l’interrogativo che riporta a quella che sta diventando, e forse lo è già da tempo, l’emergenza in più della Campania e, in particolare, di Napoli: la baruffa senza fine tra il presidente della regione Vincenzo De Luca e il sindaco Luigi De Magistris. Nella circostanza i sindaci di stretta osservanza deluchiani hanno tenuto i loro cittadini lontani dal mare e dalle sue tentazioni – passeggiate in gruppo, da qualche parte perfino la spiaggia – ostruendo gli ingressi e vigilando sul rispetto dell’ordinanza. De Magistris, è noto, non fa parte della categoria.

Niente ordinanze, quindi, e lungomare aperto. Ma in suo (si, proprio di De Magistris) totale disaccordo, perché anche lui, rendendosi conto della gravità della situazione, avrebbe preferito che restasse tutto chiuso. Che anzi, Napoli e tutta la Campania fossero inserite nella zona rossa. Dov’è allora l’arcano di quella che sembrerebbe (ed è) un’autentica bizzarria dell’ex magistrato? «Non si capisce – ha spiegato – perché, dopo che è stata invocata più volte dal presidente della Regione, la Campania non sia stata dichiarata zona rossa. Spettava a lui, oltre che al governo centrale decretare questa misura ».

Tutto chiaro, ancora una volta. Prima viene il ring... che spesso, troppo spesso, è uno studio tv, uno dei tanti frequentati con imbarazzante assiduità dal sindaco (era a un talk-show anche quando in città scoppiava una mezza rivolta). e dove è diventato, pur senza frequentarli dal vivo, ma utilizzando ogni venerdì un canale fisso, un personaggio del ramo anche De Luca, ormai tra le principali fonti ispiratrici delle imitazioni di Crozza. Ha modi spicci e un eloquio anche forbito ma dai toni da ultimo editto, il governatore ed ex sindaco di Salerno, che ha sbaragliato il campo nella riconquista di palazzo Santa Lucia. Anche lui, dopo averlo minacciato in proprio («Chiudo tutto. Siamo a un passo dal baratro!») ha invocato il lockdown per l’intero paese.

È un po’ paradossale che con tali premesse – le grida del sindaco e gli editti del governatore – la Campania si trovi oggi, non si sa fino a quando, in quella fascia gialla che, più delle altre, mette in conto i comportamenti individuali ed il senso di responsabilità dei cittadini. Si dirà che a Napoli il paradosso è di casa. Difficile negarlo, e stavolta di questa casa si conosce pure l’indirizzo. Porta ai due Palazzi del potere cittadino, al cuore delle due massime istituzioni che dovrebbero quantomeno non mettersi di traverso – con il loro esempio – al senso di responsabilità e ai comportamenti eventualmente virtuosi dei cittadini.

Non è più sopportabile che i vertici di Comune e Regione evitino addirittura di parlarsi, troncando alla fonte ogni possibilità di collaborazione. Né vale, al punto in cui la disputa è arrivata (anzi, è trascesa) andare alla ricerca di torti e ragioni. Forse è tempo che qualcuno avverta i contendenti che dalle istituzioni, al di là delle simpatie o dei contrasti personali, si richiede altro. In primo luogo, appunto, una credibilità che continua a essere sciupata e dilapidata giorno per giorno, trasmissione per trasmissione. Ma Napoli non è un talk-show.

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