Non ammazzate quell’orsa (meglio un mondo pieno di vita)
mercoledì 3 maggio 2023

Son qui al computer, davanti a me appoggiato sul tavolo ho l’iPhone, caso mai qualcuno mi chiamasse, e mentre scrivo il telefonino manda lampi e richiami, è lui che decide quali notizie mi devono interessare. Quella che brilla adesso sul monitor dice “il Tar ha sospeso la delibera di abbattimento dell’Orsa JJ4”. Scrivono Orsa con la O maiuscola, in segno di rispetto. Mi trovo in Val di Zoldo e corre voce che qui ci siano vari orsi che girano per i boschi e s’avvicinano alle case.

Più esattamente: ai cassonetti. Perché i cassonetti segnano la periferia degli insediamenti umani, se vedi i cassonetti sai che non lontano ci sono le case. Noi siamo una civiltà che produce scarti e ha bisogno di buttarli via. Alberto Moravia, più brutalmente, diceva che la nostra civiltà è «stercoraria », è fatta per consumare. Il che vuol dire che il mondo finirà per consumazione. Siamo noi che lo ingoiamo e lo consumiamo.

Questa diatriba, ammazzare o non ammazzare l’orsa, mi chiama in causa personalmente, perché potrei trovarmela in faccia, ed eliminare lei prima che lei elimini me fa parte del mio istinto di sopravvivenza. E dunque? Con chi mi schiero? Con chi vuole abbatterla o con chi vuole lasciarla vivere? È un problema nuovo. Una volta, su questi monti, questo problema non c’era. Ho fatto l’ufficiale degli alpini qui, dormivo nei boschi con i miei soldati, e non avevamo paura di venire sbranati da un orso.

Orsi qui non ce n’erano. Ma questi boschi eran meglio allora (quando noi eravamo diventati i padroni della natura) o son meglio oggi, quando altre vite ci sono di nuovo dappertutto e devi stare cauto per salvarti se le incontri? Non mi sottraggo alla risposta: son meglio oggi. Nei negozi vendono bombolette accecanti che sparano a 8-10 metri di distanza. Bruciano gli occhi, per mezz’ora barcolli, non ci vedi più. Se te ne porti una in tasca e la spari sull’orso, per quella mezz’ora l’orso si rotola impazzito di dolore alle pupille, e tu ti salvi. Non devi ucciderlo. Il mondo è grande, c’è spazio per te e per lui. Accecarlo, per un po’, è una soluzione civile.

Abbatterlo è una soluzione barbara. Non so chi siano quelli che manifestano per l’uccisione dell’orsa, ma non li sento come fratelli. So bene, e non lo dimentico, che un uomo (i giornali dicono “un runner”, ma “un uomo” mi sembra provvisto di tutte le qualità umane, un “runner” ha soltanto le gambe) è stato ucciso da un’orsa nel bosco, ma appunto nel bosco, cioè in casa di lei non in casa di lui. È stata una sventura. Lui ha commesso un errore. E io adesso, che mi trovo nello stesso bosco, spero di non commettere lo stesso errore.

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