Un Paese ferito, la sua gente, la Chiesa
domenica 24 novembre 2019

Edwin Román è uscito per ultimo. A testa alta, ha attraversato il portone della chiesa di San Miguel di Masaya ed è salito sull’ambulanza che l’ha portato all’ospedale Pellas di Managua. Per nove giorni era rimasto nel tempio trasformato in carcere dalla polizia, senza acqua, luce e nemmeno l’insulina, vitale data la grave forma di diabete di cui soffre. Solo il delicato lavoro di mediazione dell’arcidiocesi di Managua e della nunziatura è riuscito, venerdì sera, ad aprire un canale umanitario. E a portare in salvo il parroco e le altre dodici persone intrappolate per aver osato chiedere al governo di Daniel Ortega, con uno sciopero della fame, la liberazione dei parenti arrestati. Un gesto disperato e, al contempo, l’unico possibile, in un Paese in cui ogni forma di manifestazione è bandita ormai da 14 mesi. Padre Edwin è rimasto al loro fianco, sopportando l’assedio e le minacce degli agenti.

«Sacerdote amigo, el pueblo está contigo» (sacerdote amico, il popolo è con te), qualcuno ha scandito ad alta voce nel vederlo comparire, sotto lo sguardo torvo delle forze di sicurezza. Due giorni prima, avevano accolto con lo stesso slogan padre Harving Padilla, costretto a celebrare la Messa barricato a San Juan Bautista per difendere i fedeli dall’assalto dei paramilitari orteguisti.
Il motto spunta spesso nei dintorni delle chiese coloniali sparse per la nazione, nonostante lo sforzo dei fedelissimi del presidente nel coprirla. Il popolo del Nicaragua non rinuncia a esprimere il proprio grazie a preti e vescovi, «pastori con l’odore delle pecore».

Tra i pochissimi che gli sono rimasti accanto negli ultimi, difficilissimi 19 mesi di insurrezione non violenta contro un governo al potere dal 2007 e deciso a restarvi, con ogni mezzo. Con un bizzarro mix di neoliberismo sfrenato e populismo, ha "regnato" fin quando l’esplosione dell’emergenza venezuelana e l’interruzione delle sovvenzioni di Caracas ha fatto venire al pettine i nodi di un sistema che si autoproclama erede degli ideali di Augusto Sandino, l’eroe nazionale. E della rivoluzione che, nel 1979, depose la feroce dittatura del clan Somoza. Tra i giovani ribelli, infarciti di ideali nazionalisti, libertari e anti-imperialisti di tono socialisteggiante, c’era lo stesso Ortega.

Forse per questo, qualche intellettuale nostalgico fa fatica a prendere le distanze dall’anziano comandante, espulso perfino dall’Internazionale socialista. Mentre la comunità internazionale appare troppo distratta per occuparsi delle vicende del piccolo Nicaragua, geopoliticamente irrilevante dalle fine della Guerra fredda. A rompere il silenzio globale è stata più volte la Chiesa, locale e universale, come dimostrano gli appelli di papa Francesco. Questo spiega la fiducia di cui gode, perfino tra i più giovani, diffidenti verso le istituzioni. Se l’è guadagnata sul campo.

Fin dai primi giorni dell’aprile 2018, le parrocchie del Nicaragua hanno aperto le porte per curare i feriti e dare rifugio ai perseguitati. Vescovi e nunzio non hanno esitato a fare da scudo, con il proprio corpo, ai dimostranti accerchiati dalla polizia. Attenzione: la Chiesa non è all’opposizione. La sua opzione non è 'contro' Ortega bensì 'per' il popolo che, a stragrande maggioranza, non si riconosce più in un governo sempre più apertamente repressivo. Senza, però, mai negare il proprio aiuto ai filo-governativi quando si sono trovati nel mirino. Un coraggio non nuovo per la Chiesa latinoamericana del post-Concilio – è sufficiente ricordare le vicende di El Salvador e Guatemala –, pagato sempre a caro prezzo. Ormai gli attacchi, le minacce, la pressione su parrocchie e sacerdoti si sono fatti quotidiani, tanto da ricordare la Polonia di Jaruzelski.

Con il paradosso che in Nicaragua il presidente si professa cattolico praticante. Il governo, del resto, si è dimostrato abilissimo a trasformare simboli e definizioni in caricature. A cominciare da Sandino, onnipresente eppure svuotato di ogni contenuto. Sulla collina di Tiscapa, la sua sagoma, alta 18 metri, è costretta a convivere, da qualche tempo, con un mastodontico albero di metallo, di colore giallo sgargiante. Creazione di Rosario Murillo, vice e moglie di Ortega. Pur ridotto a puntello di un potere screditato, dall’altura di Managua dov’è piazzato, almeno, il 'generale degli uomini liberi', ha potuto osservare il suo bisnipote, Edwin Román uscire dall’assedio delle forze di sicurezza prostrato, ma a testa alta.

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