martedì 15 novembre 2022
Una costante e radicata sintonia tra i due ha segnato la cura rivolta all’evangelizzazione e la preoccupazione di rivolgersi sempre anche ai “lontani”. Uno sguardo calato nella realtà
Papa Paolo VI e monsignor Giovanni Benelli in una foto del 1975

Papa Paolo VI e monsignor Giovanni Benelli in una foto del 1975 - .

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Sono passati quarant’anni dalla morte del cardinale Giovanni Benelli, avvenuta il 26 ottobre 1982, a Firenze, città della quale era diventato arcivescovo solo cinque anni prima. Il prelato toscano, allora 61enne, (era nato a Poggiole di Vernio, in provincia di Firenze, ma diocesi di Pistoia, il 12 maggio 1921) aveva esercitato per molto tempo un ruolo da protagonista nelle vicende della Chiesa italiana, dapprima come diplomatico poi, per un decennio, da Sostituto in Segreteria di Stato, e infine, come arcivescovo di Firenze. Benelli aveva servito con spirito operoso cinque pontefici, ma a segnarne profondamente il percorso biografico fu, più di tutti, Paolo VI, il Papa al quale era stato più vicino, con cui aveva collaborato strettamente fino al termine della sua vita, sin da quando, nel 1947, ancora giovane sacerdote, venne scelto dall’allora Sostituto Montini quale suo segretario particolare. Nei tre anni trascorsi a fianco di Montini, Benelli (che in quel periodo fu anche assistente ecclesiastico della Gioventù aclista romana), maturò una importante conoscenza delle situazioni e dei problemi che, sul piano non solo nazionale, ma mondiale, investivano la Chiesa.

Il rapporto sintonico che unì Papa Montini al suo antico segretario – da lui richiamato, nel 1967, nuovamente al suo fianco, in Segreteria di Stato come Sostituto – diventa più chiaro se interpretato alla luce di quell’ansia missionaria ed evangelizzatrice, espressa nel servizio fedele alla Chiesa, che accomunò entrambi e che fu la reale cifra del loro rapporto, nel quotidiano e diretto confronto con le difficoltà suscitate dall’evoluzione delle moderne società. Benelli manifestò sempre un sincero sentimento di «riconoscenza viva ed affettuosa» nei confronti del suo superiore, che per tutta la vita venne da lui considerato « veramente Padre e Maestro». Nelle lettere indirizzate a Montini negli anni Cinquanta e conservate dal futuro Papa tra le sue carte, il giovane monsignore prometteva di adoperarsi per «rendermi il meno possibile indegno del mio maestro», cercando «di continuare a servire la Chiesa con l’amore e nell’abbandono che Ella mi ha sempre inculcato ». Prima di partire per il Brasile, dove prestò la sua attività in Nunziatura, Benelli, nel settembre del 1960, andò a Milano a salutare personalmente l’arcivescovo Montini. Rimase in Brasile fino al dicembre del 1962, quando diventò operativo il suo trasferimento alla nunziatura di Madrid e, pure prima di iniziare il suo lavoro in Spagna, il sacerdote fiorentino si recò nel capoluogo lombardo per incontrare Montini.

Il cardinale bresciano ringraziò l’amico per quel momento trascorso insieme «che alla rievocazione di tanti buoni e comuni ricordi ha aggiunto per me la consolazione di saperla sempre così bene inserito nel compimento del Suo servizio alla S. Sede, e così bene pervaso dello spirito che un tale lavoro sostiene e da tale lavoro è alimentato. Grazie, carissimo! » – scriveva Montini a Benelli, in merito a quell’incontro «che vale da sé molte parole». Benelli, dunque, anche nel Paese iberico si sentì «seguito da vicino e con sì paterna premura », come rispondeva grato a Montini, e ciò era per lui «motivo di immenso conforto: tanto più grande quanto più vaste sono le esigenze» che il suo mandato richiedeva. Continuò il suo compito alla nunziatura madrilena fino al 1965, quando Montini, divenuto Paolo VI, lo inviò in Francia, in qualità di osservatore permanente presso l’Unesco, con lo scopo di migliorare le relazioni della Santa Sede con le organizzazioni internazionali; lì, a Parigi, il prelato toscano realizzò uno tra i primi convegni per presentare il Concilio Vaticano II appena concluso, con la partecipazione di intellettuali e rappresentanti delle diverse religioni. L’anno seguente Paolo VI nominò Benelli Nunzio apostolico a Dakar, rendendolo inoltre Delegato apostolico per tutta l’Africa occidentale. Il cardinale Bernardin Gantin ricordò l’arrivo di Benelli in Africa come «un regalo» di Paolo VI, in ragione della «predilezione particolare» che il Papa aveva per il nuovo Nunzio. Solo qualche anno dopo, proprio Benelli, nella nuova veste di Sostituto alla Segreteria di Stato, avrebbe accompagnato Paolo VI in Africa quando, nel 1969, Papa Montini visitò l’Uganda, e inaugurò il primo Simposio delle Conferenze episcopali africane.

In qualità di Sostituto alla Segreteria di Stato, nel decennio compreso tra il 1967 e il 1977, Benelli ebbe una accresciuta visibilità pubblica, specialmente sul piano nazionale. Gli eventi di quell’epoca videro il mondo cattolico misurarsi con dirimenti questioni di carattere etico e morale (come l’introduzione della legge sul divorzio nell’ordinamento giuridico italiano e il successivo referendum abrogativo) e il Sostituto cercò, con la sua azione indomita e tenace, di aiutare il Papa a ravvivare la fede e il sentimento religioso in una società che si svelava sempre più secolarizzata, in anni segnati da vibranti contestazioni, espresse non solo sul piano civile, ma pure all’interno della comunità ecclesiale. In questo contesto, l’operato del Sostituto, espresso instancabilmente, senza risparmio di energie, fu particolarmente prezioso, in quanto – osservò l’allora Segretario di Stato, il cardinale francese Jean Villot – Benelli «poteva dire molte cose anche dure al Papa senza perderne la fiducia, perché da giovane era stato suo collaboratore». Il 3 giugno del 1977 Paolo VI elevò il suo fidato collaboratore alla guida dell’arcidiocesi di Firenze, conferendogli immediatamente la porpora cardinalizia nel concistoro del 27 giugno 1977 (insieme, tra gli altri, all’arcivescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger). Sebbene Benelli sentisse più congeniale a sé la vita diplomatica (« Mi dispiace lasciare la Segreteria di Stato – confidava –. Sarei rimasto volentieri.

Mi è piaciuto il lavoro ed è stato per me, in un certo senso, anche facile»), già dal 1971 veniva ventilata l’eventualità di una sua quasi naturale promozione al vertice della prestigiosa sede fiorentina, nella sua terra d’origine. L’esperienza pastorale, che completava il suo brillante percorso compiuto al servizio della Chiesa, lo poneva in grande rilievo tra i cardinali elettori nei due Conclavi del 1978, tanto che la stampa dell’epoca lo indicò insistentemente tra i possibili candidati al Soglio pontificio, mettendolo in contrapposizione col cardinale genovese Giuseppe Siri. Ma il prelato si dedicò con sincero zelo apostolico alla sua diocesi. Nei primi mesi dopo il suo arrivo, Benelli fu assistito nel capoluogo toscano da colui che era stato il suo segretario particolare negli anni della Segreteria di Stato, l’allora mons. Giovanni Battista Re – futuro Sostituto anch’egli e oggi decano del Collegio cardinalizio – che raccontò l’iniziativa del suo antico maestro di riunire ogni venerdì i sacerdoti e i laici collaboratori di tutti gli uffici di Curia per pregare insieme, «in famiglia », nella cappella dell’Episcopio e celebrare la Messa alla loro presenza.

A Firenze Benelli ritrovò Giorgio La Pira, che aveva conosciuto in Vaticano nel 1947, e con lui, già molto malato, (Benelli ne celebrò il funerale il 7 novembre del 1977), amava riferirsi alla comune devozione per Papa Montini. Già durante l’episcopato di Benelli si ebbero nella diocesi fiorentina le prime richieste per l’avvio di un processo di beatificazione per La Pira e per don Giulio Facibeni, il fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa, molto sostenuta dal nuovo arcivescovo e, sempre allora, fu aperta la fase diocesana della causa di beatificazione del cardinale fiorentino Elia Dalla Costa, l’ammirato predecessore alla guida della diocesi di Firenze, del quale Benelli riprese e adottò il motto episcopale Virtus ex alto. Richiamandosi a queste fulgenti figure della Chiesa fiorentina il nuovo arcivescovo si prodigò nel promuovere un’opera di “rievangelizzazione”. In questo senso si può comprendere l’incoraggiamento e il deciso sostegno che Benelli diede al magistrato Carlo Casini e agli altri fondatori del Movimento per la Vita, sorto proprio a Firenze, nel marzo del 1975 con il primo Cav (Centro di Aiuto alla Vita) e che, grazie all’impegno diretto del cardinale – (Benelli giunse a presiederne, talvolta, le riunioni) – acquisì una maggiore rilevanza anche in ambito ecclesiale. Tutto l’episcopato fiorentino di Benelli fu caratterizzato da un rinnovato slancio missionario, impresso dal presule alla sua diocesi: «Se io non evangelizzo, se non porto il messaggio di Gesù a tutto il mio popolo, il mio mandato di vescovo è fallito» – disse l’arcivescovo parlando ai suoi seminaristi, diretti allora dal futuro cardinale Gualtiero Bassetti, che in quegli anni era rettore del seminario maggiore di Firenze.

L’annuncio di un «Cristo amico dell’uomo » spinse Benelli a rilanciare la catechesi e compiere la Visita pastorale – presentata nella Lettera pastorale del 1979 dal significativo titolo “Un annuncio di salvezza” – rivolgendosi non solo ai fedeli e ai credenti, ma a tutti coloro che anche l’arcivescovo di Firenze, come vent’anni prima Montini a Milano, definiva i «lontani». In quest’ottica, egli intuiva pienamente l’importanza della stampa e dei mezzi di comunicazione. Benelli – che per conto di Paolo VI, da Sostituto aveva seguito e vigorosamente appoggiato la nascita, nel 1968, del quotidiano cattolico nazionale “Avvenire”, verso il quale continuò a mantenere una sempre vigile e benevola attenzione – riprendendo il convincimento di Papa Montini, affermava riguardo ad “Avvenire”: « Noi tutti vescovi parliamo continuamente di evangelizzazione, ma senza un giornale che incida nella formazione della mentalità della gente, non possiamo che attenderci un peggioramento della situazione ». Oltre al costante sostegno riservato ad “Avvenire”, Benelli predispose nella sua dio cesi la fondazione di un settimanale cattolico, “Toscana oggi”.

L’omaggio a Paolo VI, «Padre e Maestro», servito fedelmente, come si è visto, fin dagli anni giovanili, determinò anche l’ultimo importante evento pubblico al quale Benelli partecipò, il 26 settembre 1982, accompagnando a Brescia Giovanni Paolo II, che lo aveva significativamente voluto vicino a sé nel giorno dell’ottantacinquesimo anniversario della nascita di Papa Montini, durante la visita compiuta nella sua terra natale. Esattamente un mese dopo, il 26 ottobre, a soli 61 anni, il cardinale Giovanni Benelli moriva in maniera inattesa, lasciando una diocesi attonita e privando la Chiesa italiana di una tra le sue figure più eloquenti e rappresentative. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il rapporto sintonico che li caratterizzava è più chiaro se interpretato alla luce di quell’ansia missionaria ed evangelizzatrice, espressa nel servizio fedele alla Chiesa, che accomunò entrambi e che fu la reale cifra del loro rapporto, nel confronto con la società Da Sostituto in Segreteria di Stato, voluto da Paolo VI, aveva seguito e appoggiato la nascita del quotidiano cattolico nazionale “Avvenire”, verso il quale continuò a mantenere una sempre vigile e benevola attenzione Papa Paolo VI e monsignor Giovanni Benelli in una foto del 1975

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