Nella Chiesa spazio al diverso sentire (Basta volere bene alla verità, e al Papa)
martedì 10 gennaio 2023

Ecco alcune delle lettere che hanno espresso sconcerto e dolore per dichiarazioni rese o attribuite all’arcivescovo Gaenswein, a lungo segretario di Ratzinger-Benedetto XVI. Qualche cosa che so soprattutto sul bene necessario da custodire accanto a papa Francesco e sull’esempio del Papa emerito


Caro direttore, l’arcivescovo Georg Gaenswein ha detto in un'intervista a proposito della Traditionis custodes, il Motu proprio del 16 luglio 2021 di papa Francesco che conteneva restrizioni sulle celebrazioni delle Messe in latino: « Penso che abbia spezzato il cuore di papa Benedetto». Mi chiedo perché fare una simile dichiarazione oggi, dopo la morte del Papa emerito: quel “penso” rende evidente che Gaenswein dice qualcosa di suo, è ciò che pensa lui! Non mi sembra che fare una simile dichiarazione abbia avuto senso, molto meglio stare di fronte a papa Benedetto in preghiera e domandare la sua stessa fede. Ringrazio “Avvenire” perché ha dato conto, ma con giusta misura di affermazioni che invece sono state cavalcate da gran parte dei mezzi di comunicazione. Così si è persa una grande occasione di comprendere la verità del rapporto dei due Papi che pur essendo diversi hanno vissuto una grande esperienza di amicizia e di unità. Sarebbe stata per tutti una grande occasione ma mi sembra che quasi solo “Avvenire” ha capito che quella dei due Papi è una testimonianza che indica a tutti una strada di unità: si può essere diversi, ma unitissimi come abbiamo potuto vedere. C’è solo da imparare da questa testimonianza. Meno male che voi di “Avvenire” ci avete aiutato a guardare a ciò che è successo, la commovente amicizia in Cristo di due Papi!

Gianni Mereghetti

Gentile direttore, nel coro armonioso di voci giunte fin qui, nel cuor dell’Africa, in occasione dei funerali solenni e semplici del papa emerito Benedetto XVI, celebrati dallo stesso papa Francesco, mi ha infastidito una nota molto stonata, fuori tempo e fuori tono, risuonata purtroppo anche sul nostro apprezzatissimo e sereno “Avvenire”. Mi riferisco all’articolo in cui si dà conto di una lunga intervista del segretario particolare di Joseph Ratzinger. Ho aperto l’articolo pensando di trovare qualche bel ricordo davvero “particolare” di chi ha accompagnato così lungamente e così fedelmente il Papa emerito prima e dopo il suo ritiro. Ma quale delusione! Non so se la colpa è dell’intervistato o dell’intervistatore (o un po’ di tutti e due?), ma è possibile dei lunghi e comprensibilmente delicati ed eccezionali rapporti decennali tra il Benedetto e il suo successore Francesco, per di più proprio nel giorno solenne dei funerali, “Avvenire” debba dar conto di un ricordo negativo, forse umanamente comprensibile, ma pastoralmente assai discutibile, del presunto «dolore di Benedetto XVI dopo le limitazioni decise da Francesco » per la Messa in latino! Grazie di cuore comunque ad “Avvenire” che, ci rinfranca ogni giorno nel cammino con tante buone notizie! Coraggio anche per l’anno appena iniziato.

padre Antonio Trettel missionario saveriano Bukavu (Congo)

Gentile direttore, temo che padre Georg, l’arcivescovo Gaenswein, con le sue dichiarazioni (come quella sulla messa in latino) stia aiutando, spero inconsapevolmente, l'operato del divisore tra le mura vaticane che lui stesso ha denunciato... Cordiali saluti.

Mauro Moschini

Caro direttore, credo che governare la Chiesa da parte del legittimo successore di Pietro e (di Benedetto XVI), cioè da parte di papa Francesco, sia stato assai difficile per la presenza invadente del dimissionario, o “emerito”, come si è autodefinito, papa Ratzinger. Che si era dimesso perché si sentiva incapace ad affrontare le tremende responsabilità che in quel momento stavano travolgendo molti componenti della Chiesa stessa. Ho considerato anch’io quelle dimissioni come un atto sacrosanto e coraggioso. Tuttavia, a giudicare anche da quello che il prelato Georg Gaenswein riferisce nel troppo “tempestivo” libro da lui pubblicato, forse qualche riflessione andrebbe fatta da parte di tutti, anche di coloro che ritengono il magistero di papa Ratzinger molto più importante di quello di papa Bergoglio. Io ingenuamente pensavo che il dimissionario Papa si fosse ritirato per vivere nella preghiera e nella meditazione gli ultimi anni che Dio gli aveva accordato, nell’atteggiamento di «reverenza e obbedienza » verso il nuovo Papa. Purtroppo, secondo ciò che il prelato Georg Gaenswein sostiene secondo anticipazioni e interviste di questi giorni, Benedetto XVI avrebbe “suggerito” al suo superiore e successore Francesco atteggiamenti e modalità di comportamento da tenere su varie tematiche che via via si andavano palesando nella società e nella Chiesa stessa. Questo per me è inaccettabile. Che l’arcivescovo Gaenswein sia da lodare per la lunga e costante dedizione accanto a Ratzinger- Benedetto è evidente, ma che ora, dopo la morte del Papa che si era dimesso, palesi vecchie e assurde polemiche attraverso una pubblicazione fresca di stampa, questo non lo posso accettare. Questo getta ombre sull’atteggiamento dello stesso Benedetto.

Giacomo Fanetti Brescia

Gentile direttore, dopo la scomparsa di Benedetto XVI hanno fatto clamore le parole di Georg Gaenswein segretario per lunghi anni del cardinale Ratzinger, poi del Papa e quindi dell’emerito. Affidate soprattutto a un libro subito uscito nelle librerie italiane. In esso l’arcivescovo dichiara fra l’altro di essere rimasto sotto choc per la decisione di Papa Francesco di renderlo, a un certo momento, un “prefetto dimezzato” (della Casa Pontificia) sollevandolo non dal titolo ma dai doveri del ruolo e chiedendogli di dedicarsi solo al suo predecessore. Credo che queste polemiche non facciano bene alla Chiesa Cattolica, e facciano male a noi credenti. Creare divisioni non porterà da nessuna parte.

Massimo Aurioso Piombino (Li)

Caro direttore, papa Paolo VI, ora santo, quando ero un ragazzino, sottolineava che un buon cristiano per essere tale deve pregare e poi mettere in pratica le preghiere facendo del bene anche rimanendo in silenzio. Ora stimo le parole di papa Bergoglio che dice che “il chiacchiericcio fa male alla Chiesa”; dobbiamo rileggerci anche la Bibbia e il Vangelo dove in alcuni passi viene evidenziato che la lingua se usata a sproposito e il parlare senza un fine costruttivo possono essere più taglienti della spada. È il tempo di resettare: tacere, pregare, fare, fare bene, fare del bene per il prossimo.

Roberto Zanoli


Mi capita spesso di ricordare che la Chiesa “non è una caserma”, nel senso che in essa il dibattito è abituale, profondo e spesso forte. E questo checché se ne sia detto e ancora, a sproposito, se ne dica e nonostante taluni errori e persino orrori del passato (a cominciare, per intenderci, da quelli di cui san Giovanni Paolo II si dolse solennemente e chiese perdono nel grande Giubileo del 2000 per finire alla sottovalutazione delle ferite inferte dai casi di abusi sessuali sui minori). Credo perciò, cari amici, che sarebbe stato Benedetto XVI il primo a soffrire a causa dello sconcerto suscitato in tutti voi (e in molti altri, soprattutto persone semplici) da alcune delle dichiarazioni dell’arcivescovo Gaenswein circolate in questi giorni. E credo, per come l’ho conosciuto, che accanto a Benedetto possa e debba stare, ancora una volta, lo stesso “don Giorgio”, che ha detto con libertà e schiettezza la sua ma non riesco neppure a immaginare che volesse sovrapporre la propria voce e i propri pensieri a quelli dell’uomo di Dio che ha onorato e servito sino all’ultimo. La Chiesa non è una caserma, ma nella Chiesa la lealtà è una forma di amore indispensabile. L’esempio che il Papa emerito ha dato a tutti noi di giusto rapporto con l’unico Papa – Jorge Mario Bergoglio, che ha preso il nome di Francesco – e con le sue azioni di governo della Chiesa è infatti chiarissimo e il lettore Mereghetti fa bene a richiamarlo, perché sono convinto che – nonostante i timori a cui dà voce un altro lettore, il signor Fanetti – niente e nessuno possa offuscarlo. Quanto a “consigli” di Benedetto a Francesco, ricordo solo che ne ha parlato in più occasioni lo stesso Papa attuale. Con espressioni tenere e grate e tenere. Al caro padre Trettel vorrei dire, ringraziandolo per le espressioni molto belle che dedica al nostro lavoro, che mi dispiace specialmente per la sofferenza che ha provato a leggere un nostro articolo. Dopo la morte di Joseph Ratzinger- Benedetto XVI abbiamo dato conto, come nostro dovere e nostro costume, di tutto ciò che di rilevante è stato detto e fatto, cercando sempre – come nota ancora l’amico Mereghetti – una giusta misura. Non siamo perfetti e facciamo errori, ma vogliamo bene alla verità e al suo primo servitore tra noi, il Papa.

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