sabato 19 febbraio 2011
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L'acronimo DSM è noto forse solo agli specialisti. Il Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders rappresenta il sistema di classificazione più usato al mondo per i disturbi mentali. Viene periodicamente aggiornato da un selezionato seppur ampio gruppo di esperti e l’ultima edizione è stata pubblicata nel 2000. L’uscita dell’atteso DSM-V è prevista per il 2012/2013 e già si leggono anticipazioni sul suo contenuto nelle interviste rilasciate da alcuni psichiatri americani. Circolano con sempre maggiore attendibilità le voci secondo le quali nella nuova edizione il disturbo narcisistico di personalità verrà declassificato a tratto della personalità. Vale a dire che il narcisismo non sarà più considerato una patologia.Un puro dato di frequenza statistica viene dunque tradotto a dato di normalità. Si tratta di un processo di legittimazione culturale basato sulla diffusione dei comportamenti che arriva ad influenzare perfino la classificazione nosologica. Non è difficile comprendere l’humus di tale derubricamento del narcisismo: è sotto gli occhi di tutti. Sarebbe infatti bastato seguire cosa è recentemente accaduto a Pitti Bimbo a Firenze. In passerella hanno sfilato bambini ridotti a caricature di adulti. Nani da circo, non più persone; agghindati, non più vestiti. Il mondo dell’infanzia che ci viene restituito dai media è travolto da questa tendenza: il mensile Vogue è stato nella bufera per un servizio sul numero di dicembre con bambine di sette anni in posa come femme fatale, il figlio di Beckham di otto anni è entrato al ventiseiesimo posto nella classifica degli uomini più eleganti d’Inghilterra, la figlia di Nicole Kidman si trucca da sola a due anni e la figlia di Tom Cruise a quattro anni fa shopping con i tacchi a spillo e un filo di makeup. Al di là dalle evidenti manovre di marketing degli agenti dei Vip, che usano i figli delle star come efficace strumento di comunicazione, tutto ciò è anche segnale di come il narcisismo abbia permeato la cultura, compresa quella dell’infanzia.Un soggetto normale sa distinguere il coprirsi dal vestirsi; chi sta bene sa che non basta buttarsi addosso qualsiasi cosa, ma è interessato a presentarsi con un aspetto curato, secondo il proprio gusto. Sta proprio qui il discrimine fra normalità e narcisismo, ossia patologia, anche se il narcisismo è una "sindrome" complessa che va ben oltre l’abbigliamento. Vestirsi bene fa parte del prepararsi a un appuntamento, coincide con il dimostrarsi ben disposti verso chi si va ad incontrare. È pertanto un atto di rapporto. Persino l’occhiata veloce davanti allo specchio un istante prima di uscire assume il sapore di un’ultima verifica di come vado a presentarmi. Nel narcisismo invece l’altro è fatto fuori; non esiste più come soggetto di incontro potenzialmente benefico fino a prova contraria, diventa un puro e incondizionato contemplatore libero solo di farsi sedurre.La maniacale attenzione alla propria immagine ha radice proprio in questa necessità di essere ammirato, se non invidiato. Alla fine, narciso non sa più che farsene dell’altro ridotto a specchio. I bambini, quando stanno bene, sono invece orientati alla riuscita, al loro benessere che pongono sempre in relazione all’apporto dell’altro, adulto o coetaneo che sia. Trasmettere, suggerire e promuovere in essi forme narcisistiche del rapporto è un atto di corruzione del pensiero, è inscriverli in un diverso ordine di realtà, in cui rischiano di restare imprigionati e disorientati. Vestiamoli bene, allora. A loro piacerà di sicuro vedere che li curiamo e onoriamo il loro corpo con la dovuta attenzione. Ma non facciamone dei minimodelli da rivista patinata. Resterebbero soli dentro un guscio dorato.
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