giovedì 27 giugno 2013
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Caro direttore,
mi complimento per lo spazio dato domenica scorsa in Agorà a Julia Kristeva. Kristeva è oggi tra i pochissimi intellettuali che mettono in primo piano il problema linguistico per l’Europa di oggi. Il «multilinguismo non è abbastanza sostenuto», sottolinea Kristeva. E aggiunge: «Bisognerebbe cominciare con i bambini e creare, fin dall’asilo, classi di multilinguismo secondo un progetto europeo». Il fatto che nessuno si occupi del problema è oggi il segno maggiore della inconsapevolezza generale del nocciolo del problema europeo. Vivo in un ambiente accademico di economia dove i "rampanti" esaltano l’importanza dell’inglese (devo dire, per la mia esperienza, che talora i più tranchant  sono colleghi che parlano un inglese cagnesco a dir poco!). In Europa, in altre parole, non c’è una lingua franca: e non c’è naturalmente consapevolezza della insufficienza di una lingua franca. È il multilinguismo il destino di un’Europa che non vada a rotoli. Ma questo richiede una partecipazione popolare e politica di cui non si vede (ancora) segno. Nella vicina Svizzera, come del resto in molte altre parti del mondo, questo avviene; ma non da noi. La Chiesa ha in proposito enormi potenzialità culturali nascoste delle quali sembra però quasi vergognarsi, forse paralizzata da timori di presenzialismo.
Pier Luigi Porta, Università degli studi di Milano-Bi​cocca

Grazie per l’apprezzamento, caro professor Porta. Quanto alla Chiesa e al suo naturale e, a mio avviso, tutt’altro che nascosto “multilinguismo”, non mi risulta proprio che se ne vergogni: è il frutto di una storia che si scrive sin dalle sue origini, iniziatasi con la Pentecoste e interpretata con splendida e concreta profondità dal Concilio Vaticano II. Ma sono d’accordo con lei su un punto cruciale: la pluralità “cattolica” delle lingue è una ricchezza che anche in Italia dobbiamo saper spendere con generosità ed efficacia sempre maggiori, facendo uscire fuori – come dice Papa Francesco – l’unica Parola che davvero conti, che dà forza alla nostra voce per l’uomo.

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