L’infinito bisogno di non sprecare l’amore che ci unisce
venerdì 15 giugno 2018

La temiamo, tentiamo di evitarla, eppure, a volte, ci gettiamo tra le sue braccia con un’ingenuità che spaventa. Parlo della sofferenza, zoccolo duro della speculazione filosofica e teologica. L’argomento forte, l’asso nella manica di coloro che vogliono negare l’esistenza di Dio. Perché si soffre? E, soprattutto, perché soffrono gli innocenti? Le risposte, da secoli, sono più o meno le stesse. Ci troviamo evidentemente davanti a qualcosa più grande di noi, che ci sovrasta, che non si lascia indagare fino in fondo. E sempre lascia uno spiraglio aperto al mistero nel quale siamo avvolti.

Ma se gli uomini di oggi, come quelli di ieri, con tutta la buona volontà, gli studi, gli strumenti che hanno a disposizione non riescono a estirparla, molto possono fare per prevenirla, attenuarla, almeno in parte disinnescarla. A ben guardare, infatti, la maggior parte della sofferenza umana dipende da noi, dalle nostre scelte, dalla nostra imprudenza, dal nostro egoismo. Dal nostro peccato. Sulla terra c’è pane per tutti, eppure milioni di esseri umani muoiono di fame. Il motivo è di una semplicità, e di una inutilità, che spaventa. I granai di poche persone traboccano del grano destinato ai poveri. Certo, verrebbe voglia di sottrarlo ma non è così facile, schiere di soldati armati tengono a bada gli affamati.

Ma che te ne fai di tanto pane?, verrebbe da chiedere. Quando impari a 'contare i tuoi giorni'? Non sarebbe bello se tu riuscissi a stabilire con i bambini, i loro genitori, i loro vecchi un rapporto di amicizia, di solidarietà, di fratellanza? Il dolore ci spaventa, inutile negarlo. Cerchiamo di tenerlo a bada, allontanarlo, esorcizzarlo. Ma non sempre dipende da noi. È terribile perdere un figlio in un incidente stradale perché l’altro era ubriaco, drogato o, semplicemente, stava parlando al telefono. Che rabbia. Ma possibile che ci voglia un’altra legge per stabilire che 'quando si guida si guida e basta?'

Non dovrebbe bastare il semplice buon senso per indurci a guidare senza fare danni agli altri? Leggiamo in questi giorni che un uomo di 36 anni affetto da Hiv ha infettato più di 200 persone, non solo donne, con le quali avrebbe avuto rapporti sessuali. Ha tenuto nascosta la sua malattia contagiosa. Non sappiamo perché lo ha fatto, forse per una sorta di vendetta con la vita, forse per illudersi di essere guarito. Duecento, però, è un numero esageratamente alto. Vuol dire che questa persona non ha mai veramente stabilito un rapporto con nessuno. Un semplice tocca e fuggi, il suo, con conseguenze drammatiche. Tornano le domande: che cos’è l’amore, che cos’è il piacere? Quando, al di là del discorso morale o religioso, una persona può decidere, in coscienza, con serenità, che è giunto il momento di donarsi totalmente all’altro? C’è, anche in amore, una gradualità da rispettare come per ogni altra cosa nella vita? Quest’uomo incapace di amare come ha potuto fare tanto male a chi aveva creduto alle sue menzogne? Occorre fermarsi. Necessita farlo. Al più presto.

Bisogna essere spietatamente onesti nell’insegnare ai figli la difficile arte dell’amore. Occorre ripetere loro fino alla noia che il piacere sessuale è solo una minima parte della gioia profonda che invade il cuore di ogni innamorato. Che, sganciata da un discorso serio proiettato nel futuro, la ricerca del piacere sessuale con una persona da poco conosciuta o del tutto ignota, di cui sai tanto poco, che fa uso di sostanze, può portare danni enormi, sofferenze indicibili. Ma per farlo occorrono maestri preparati, testimoni credibili. Gente che non ha paura di andare controcorrente.

«Ora niente mi dà tanta noia come quando gli uomini si tormentano fra loro, specie quando son giovani nel fiore della vita, che dovrebbero essere apertissimi a tutte le gioie, e invece si sciupano quei brevi giorni per sciocchezze e poi troppo tardi s’avvedono dell’irreparabile sperpero», scrive il Werther di Goethe al suo amico Guglielmo, al quale poco prima, parlando di Carlotta, la ragazza che lo aveva ammaliato, aveva scritto: «Mai permetterei che una fanciulla da me amata, una fanciulla che io pensassi far mia, ballasse il valzer con altri che con me; mai e poi mai, e dovessi perirne! Tu mi comprendi!». Cambiano i tempi, cambiano gli usi, le mode, i costumi, sempre uguale resta il cuore degli uomini, bisognoso di amare e di essere amato.

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