mercoledì 25 giugno 2014
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Gentile direttore, abbiamo letto con piacere, su “Avvenire” del 5 giugno scorso, che il ministro Stefania Giannini intende predisporre nuove linee guida per il contrasto del bullismo nelle scuole italiane che cancellano definitivamente le iniziative elaborate autonomamente dall’Unar in collaborazione con 29 associazioni Lgbt. Siamo mamme di ragazzi che frequentano il Liceo Classico Muratori di Modena, piombato al centro dell’attenzione mediatica nei mesi scorsi per un’assemblea di istituto sul tema della transessualità organizzata e tenuta con modalità discutibili. Desideriamo innanzi tutto ringraziare il ministro per l’annunciato coinvolgimento delle associazioni dei genitori nella predisposizione di ogni futura iniziativa. Proprio tale coinvolgimento, nell’esperienza che abbiamo vissuto, è mancato, nonostante l’articolo 30 della nostra Costituzione sancisca il diritto-dovere dei genitori di educare i figli. Ci sembra perciò opportuno richiamare i passaggi che hanno costituito una grave violazione di un diritto costituzionalmente garantito, così magari al ministero si potrà tener conto di alcuni dati esperienziali nella stesura ed emanazione delle nuove linee guida. Al Liceo Muratori, nella fase iniziale, i genitori non sono stati in alcun modo coinvolti tramite i rappresentanti di classe affinché esprimessero il loro parere rispetto all’opportunità dell’incontro, alla scelta dei relatori e alle modalità organizzative specifiche. Ne sono venuti a conoscenza attraverso racconti dei ragazzi o alcune comunicazioni informali tra genitori. Il Consiglio di Istituto, che è l’organo deputato ad autorizzare la partecipazione alle assemblee studentesche di esperti di problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, ha autorizzato la partecipazione di Vladimir Luxuria e del presidente dell’Arcigay locale, ignorando la richiesta di un gruppo di genitori di garantire nel corso dell’assemblea un confronto di posizioni differenti. Il Consiglio di Istituto ha inoltre auspicato un «prudente e distaccato atteggiamento delle famiglie». Con queste premesse il 16 aprile si è tenuta l’assemblea di istituto. A essa hanno partecipato i ragazzi dalla prima alla quinta superiore ovvero con età dai quattordici ai diciannove anni. Tra i vari stimoli e contenuti presentati, è stato proiettato un video, che racconta la storia di alcuni transessuali, la cui modalità di affrontare il tema non è adatta a un pubblico prevalentemente minorenne. Il giornalista, per esempio, chiede a un transessuale se quando ha rapporti sessuali gode come una femmina o come un maschio, mentre un altro transessuale, sempre a proposito di soddisfazione sessuale, sostiene che la sua “natura transitoria” ha effetti positivi nei rapporti con le donne che sono incuriosite dalla sua “diversità”... All’assemblea sono inoltre intervenuti – nonostante che la loro partecipazione non fosse mai stata autorizzata dal Consiglio di Istituto – altri esponenti dell’Arcigay guidati dal presidente nazionale, che ha preso la parola per presentare le associazioni Lgbt, invitando i ragazzi a rivolgersi a esse. In conclusione: i genitori sono stati invitati dalle istituzioni scolastiche a mantenere un atteggiamento «distaccato», mentre si parlava di sessualità, omosessualità e transessualità e mentre associazioni Lgbt si proponevano ai ragazzi come interlocutori diretti ed esclusivi. Questa impossibilità assoluta a confrontarsi con idee differenti ha trovato una giustificazione, secondo le autorità scolastiche, nella necessità di libera espressione dell’autonomia studentesca, regolata anch’essa da leggi, che tuttavia nella gerarchia delle fonti del diritto si collocano in posizione subordinata rispetto ai diritti costituzionali, quale è quello di educare i figli. Infine, desideriamo stimolare una riflessione rispetto agli effetti che queste iniziative organizzate in modo assolutamente unidirezionale hanno sulla formazione personale dei nostri ragazzi. Ci domandiamo se sia utile ricordare che la gestione dell’impatto di tali modalità formative e dei contenuti connessi è totalmente a carico delle risorse affettive, relazionali ed educative delle famiglie.
Elisa e Maria, mamme di studenti del Liceo Muratori di Modena
 
Mi fa piacere pubblicare, di quando in quando, i sensati ed efficaci pro-memoria che nostri lettori, esperti di vita e di problemi veri, spediscono in redazione con l’evidente intenzione di indirizzarli al Governo e a Parlamento. Riguardano le più diverse materie e hanno spesso il pregio di sgombrare il campo da elucubrazioni, ideologismi, semplificazioni ingenerose (e, a volte, tendenziose) per focalizzare temi scottanti che vale la pena di vedere “dalla parte delle radici”, cioè “dal basso”, riuscendo a capire perché si impongono e come si alimentano. Ho letto e ripropongo volentieri, gentili e care amiche, questo vostro pro-memoria alla signora ministro dell’Istruzione perché mi pare che sia appropriato e decisamente utile. Irricevibile è, infatti, la pretesa di svalutare la responsabilità primaria dei genitori nell’educazione dei propri figli. E insopportabili sono i tentativi di imporre – non solo nel dibattito pubblico, ma addirittura nelle stesse scuole della Repubblica – voci e opinioni esclusive, orientate ad affermare una visione parziale, piegata a schemi di comodo e persino distorti della sessualità umana. L’impostazione salda, serena e autenticamente collaborativa con le associazioni che propriamente partecipano alla vita della scuola che il ministro Giannini sta dando alla questione del contrasto a ogni forma di bullismo fa sperare che casi negativi come quello che riassumete nella vostra lettera (e che, purtroppo, hanno segnato in diverso modo i mesi scorsi) non si ripetano più. Formare al rifiuto di violenze, offese e discriminazioni verso chiunque – qualunque condizione o scelta personale e relazionale viva – è giusto, necessario e urgente. Il nostro mondo si va facendo più connesso e consapevole della plurale ricchezza dell’umano, ma è diventato anche più volgare, aggressivo e mortificato delle tenaglie del “pensiero dominante” e dalla camicia di forza del “politicamente corretto”. Servono piuttosto capisaldi, valori e linguaggi condivisi. E vanno trasmessi, anche nel confronto delle opinioni e delle visioni. Trasformare questo compito civile della scuola in campo per i privilegiati “comizi” di alcune lobby sarebbe inaccettabile.
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