Avvenire, Beppe Grillo e le domande che meritano risposta
mercoledì 19 aprile 2017

Gentile direttore,
in un telegiornale di largo ascolto è andato in onda un lungo servizio sull'intervista a Beppe Grillo realizzata da “Avvenire” e su quella che lei ha concesso al “Corriere della Sera”. Il commentatore sosteneva che lei avesse espresso il suo compiacimento per il programma dei 5 Stelle «a nome di buona parte del mondo cattolico». A parte il fatto che lei non si permetterebbe mai di dire una cosa simile, per quel poco che so di lei, parlando «a nome del mondo cattolico», mi sembra il caso di protestare vivacemente per tali affermazioni. A parte l'opportunità di dedicare quasi un'intera pagina a Grillo, che lei avrà giudicato preventivamente, non mi sembra proprio che le domande poste al finto comico, da parte dei giornalisti, fossero poi così adulatorie nei confronti dei 5 Stelle! Anzi mi è sembrato che i due giornalisti incalzassero Grillo in modo interessante. Come lettrice di “Avvenire”, mi indigna sempre più la deformazione sino alla menzogna che dilaga spesso sui mass media…
Maria Cristina Foresio

Caro direttore,
le devo confessare che stamani la lettura della sua intervista al “Corriere della sera” e quella di Grillo al suo giornale mi ha colpito. Perciò, certa della sua gentile disponibilità, le scrivo per cercare di capire di più. È ovvio, è normale, che “Avvenire” dia adeguato spazio a una forza politica accreditata da molti al primo posto nelle preferenze degli elettori, con la previsione di una possibile ascesa al governo del paese. Ma quel che mi crea qualche perplessità è che, nella sua intervista, lei sembra accreditare ruolo e natura democratica del movimento, mentre l’opacità della sua governance è uno degli aspetti che più inquieta. Ho interpretato giustamente oppure mi sono sbagliata? La saluto cordialmente ringraziandola per la sua cortesia
Francesca Izzo

Caro direttore,
l’intervista di “Avvenire” a Beppe Grillo, per i contenuti e per la testata ospitante, non può essere trascurata. Con consumata perizia, Grillo usa molti argomenti che sembrano sfiorare sensibilità diffuse nel mondo cattolico. In particolare, assume come centrali il cedimento dei "valori" civili e politici degli anni Novanta e gli effetti socialmente iniqui del pensiero unico liberista e della globalizzazione economica e si concentra poi sull'inconsistenza strutturale del progetto dell'Unione Europea e dell'euro. Ciò che sconcerta non sono i singoli contenuti, già ampiamente noti, ma la concezione della politica e della democrazia. Il M5S non ha una strategia, dice Grillo: vincerà e arriverà a Palazzo Chigi perché accompagna una sempre crescente quota di elettori sul crinale della crisi irreversibile del sistema e ne diventa icona vivente. Per questo è indifferente a vecchie appartenenze e culture politiche; non perché ne propugni una nuova, ma perché ne ravvisa l'inutilità. Il M5S ritiene superate la democrazia rappresentativa, le sue forme, le sue regole. Ritiene obsoleti i vincoli che ne derivano. Vi è, alla radice, una idea individualistica dei rapporti civili e sociali, che traspare assai bene nella esaltazione del diritto all'auto determinazione dei singoli, frutto del superamento, dice Grillo, delle vecchie basi ideologiche sulle quali si sono sedimentati i valori etici. Non vi è traccia alcuna di una visione comunitaria e sociale. Difficile, molto difficile – su queste basi – intravvedere spazi per punti di convergenza. E non sarà certo la comune battaglia contro le aperture pasquali dei centri commerciali a colmare questa siderale distanza di concezione rispetto a tutto ciò che il magistero della Chiesa ha sempre indicato a tutti i cattolici - pur nel pluralismo delle opzioni - come valori fondanti della vita civile: ad iniziare dal valore della Politica. I grillini potranno anche magari vincere, anche aiutati dagli errori degli altri, ma la loro vittoria sarà semmai l'epigono della crisi del vecchio sistema, non certo l'inizio di una ricostruzione civile, sociale e democratica.
Lorenzo Dellai
presidente dei deputati di Democrazia Solidale-Centro democratico



Ho scelto tre lettere intelligentemente provocatorie tra le diverse che sono arrivate in redazione e che ragionano (ma qualche volta sragionano, senza averla neanche letta) sull’intervista che abbiamo realizzato con Beppe Grillo, leader e garante del Movimento 5 Stelle, e che ho scelto di pubblicare ieri, mercoledì 19 aprile 2017. La prima intervista a Grillo da molti mesi, forse la prima in cui Grillo accetta un dialogo e non conduce solo e soltanto uno dei suoi famosi monologhi. Merito dei due bravi colleghi che l’hanno realizzata, Arturo Celletti e Luca Mazza, e della disponibilità di Grillo ad accettare un libero contraddittorio con “Avvenire” anche se non con tutte le domande di “Avvenire”. Le tre lettere sono di una lettrice attenta, di una filosofa coraggiosa e di un politico di dichiarata ispirazione cristiana. Tre belle lettere, ripeto. Parto dalla prima lettera. So che cosa ho detto e non posso sapere che cosa mi è stato attribuito dai vari telegiornali, radiogiornali, siti internet e quant’altro che si sono occupati dell’intervista che io ho chiesto di fare ai miei colleghi e dell’opinione personale che mi hanno chiesto i colleghi di un altro grande giornale, il “Corriere della Sera”, sull’emersione via via più chiara di una vicinanza concreta su alcuni grandi temi e sulla distanza su altri temi altrettanto grandi tra la sensibilità di diverse parti dei mondi cattolici italiani (chi legge “Avvenire” sa che io amo sempre parlare al plurale della realtà che la nostra Chiesa sa esprimere e cucire col filo dell’unità fraterna attorno al Papa e ai vescovi) e il Movimento 5 Stelle. Un dato di fatto su cui non tutti concordano, ma che è sotto gli occhi di chi vuol vedere e a cui ha dato in particolare voce il leader parlamentare dei pentastellati Luigi Di Maio. Vicini sui temi della povertà, del lavoro (festivo e no), della cura della casa comune e al tempo stesso distanti su vita nascente (aborto, utero in affitto) e fine vita (eutanasia omissiva o attiva). Le «questioni sensibili» anche per Marco Tarquinio, semplice credente e oggi direttore di giornale, sono tutte queste insieme «perché – spiegò il 15 giugno 2014 con efficace sintesi papa Francesco in un bel dialogo con Ferruccio de Bortoli, allora direttore del “Corsera” – tra le dita di una mano non posso dire che ve ne sia una meno utile di un’altra». E la battaglia per difendere e valorizzare la vita, come scrivo e cerco di testimoniare da tanto tempo, non si fa a pezzi e pezzetti.
La signora Foresio dice bene: non ho mai parlato a nome del mondo cattolico perché non lo faccio mai, e non solo perché non ne ho titolo (e già questo basterebbe!), ma perché non voglio farlo e non ritengo giusto farlo. “Avvenire” – fedele alla sua dichiarata ispirazione cattolica – è al servizio della libertà dei lettori. E il direttore di “Avvenire” è al servizio di questa causa, perché questo gli chiede l’Editore del giornale e non di impancarsi a portavoce (checché altri ne pensino) o a... grillo parlante. So che in ambito ecclesiale ci sono curiosità e attenzioni, ma forse ancora più perplessità e preoccupazioni nei confronti del M5S. E so che non tutti la pensano – oggi come ieri – come me sulla possibilità e la necessità di dialogare nella chiarezza con tutti: con i grillini, i democratici, gli azzurri, i leghisti, la destra, la sinistra... Dialogare che non vuol dire sponsorizzare, ma prendere sul serio. Tutti però dovrebbero essere ben consapevoli del fatto non il direttore di “Avvenire”, ma la Chiesa italiana è attenta a tutte le forze politiche che si impegnano per il bene comune, con la riserva di valutarne di volta in volta le singole scelte. A me sembra il modo migliore secondo lo spirito del Concordato per «cooperare» a quel nobile fine, il «bene comune», con i rappresentanti del popolo italiano. Personalmente e professionalmente non voglio fare di più e non mi sento di fare di meno.
La professoressa Izzo tocca un altro tasto, diversamente sensibile. So che segue con attenzione il nostro lavoro. E dunque lei sa del favore con cui abbiamo seguito in questa legislatura l’iter della legge che dovrebbe dare attuazione al dettato costituzionale sull’organizzazione democratica e trasparente della vita dei partiti e dei movimenti politici. Le confermo di non aver cambiato minimamente opinione. Il collega che mi ha intervistato mi ha chiesto un’altra cosa: se intendessi riconoscere una “patente di governo” ai 5 Stelle. E io ho risposto che non sono i giornalisti, ma solo i cittadini-elettori a decidere di dare o non dare simili attestati. Ma che sul contenuto dei programmi da cronista, da cittadino e da cattolico do eccome il mio giudizio. Perché, ho detto e ripeto da qualche anno e anche al “Corriere” di ieri che ha sintetizzato (e non me ne lamento, sono del mestiere...) il mio pensiero, si può essere d’accordo su tre quarti delle grandi questioni, ma è l’ultimo quarto che orienta e spesso decide, e per tanti – me compreso – è anche il “tono” che fa la differenza. E questo vale per il Pd, per Fi, per i 5 Stelle.
Arrivo all’analisi di Lorenzo Dellai: amara, profonda, concisa. Tocca punti che sa bene essermi molto cari: la democrazia rappresentativa e non plebiscitaria, la responsabilità che dà senso alla libertà personale, i “pensieri lunghi” (ideologie, se vogliamo, ma nell’accezione più bella) che danno anima e prospettiva alla politica, anche a quella «post-ideologica» nella quale siamo immersi da più di un quarto di secolo e che, anche per me, è davvero tale se è liberata da schemi precostituiti e faziosità, non dal senso della città e del bene e del male, cioè del giusto e dell’ingiusto nei confronti della concreta vita di ogni persona umana... Mi chiedo e continuo a chiedere ai politici, tutti nessuno escluso: da dove cominciare a ricostruire questa politica “degna”, pensante e cittadina, se non cercando e trovando – nel confronto anche duro ma mai rissoso nelle istituzioni e nell’ascolto dialogante della società italiana – risposte umane e umanizzanti alle “grandi questioni”? Davvero le risposte politiche emblematiche e convergenti dell’oggi sono soltanto eutanasia, asservimento e sfruttamento degli esseri umani e dell’ambiente, costruzione di muri e distruzione di ponti, paura del diverso e dello straniero? Davvero la Rete conta ormai più del Parlamento? Non voglio crederci. E penso che nessuno sia escluso dalla responsabilità e dalla fatica di smontare l’inerzia dell’individualismo assoluto e del dissenso totale che minaccia le basi della nostra democrazia e la stessa qualità umana della nostra società. Nessuno, ripeto, e certo non Beppe Grillo “titolare” del primo partito italiano sin dal febbraio 2013.

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