Leggere l'oroscopo (anche per gioco) è un piccolo atto di sfiducia in Dio
martedì 9 gennaio 2018

Caro Avvenire,
ogni anno, di questi tempi, si sprecano gli oroscopi e il ricorso di milioni di persone nel mondo a questi “oracoli” per conoscere il futuro che li aspetta. È incredibile il numero elevatissimo degli italiani che ogni giorno si lasciano condizionare dai segni zodiacali. Una grande “macchina da soldi” che sfrutta l’ignoranza e la fragilità della gente. Le previsioni degli astrologi sono autentici flop. Per non parlare di chiaroveggenti, indovini e spiritisti. È evidente che i pianeti e le stelle non influenzano la nostra vita quotidiana e quindi è da sciocchi continuare a coltivare questa insulsa illusione. Nessuno è in grado di sapere che cosa ha in serbo il futuro per noi. Confucio già diceva: «Chi è saggio cerca in se stesso ciò che desidera, mentre l’uomo ignorante lo cerca negli altri». Ricordo un motto latino: «Vulgus (mundus) vult decipi, ergo decipiatur » . (Il popolo – il mondo – vuole essere ingannato, e allora sia ingannato). Ringrazio per la cortese attenzione e porgo molti cordiali saluti.

Franco Petraglia Cervinara (Avellino)

Per qualcuno è un gioco. Soltanto qualche parola ascoltata alla radio al mattino – tendendo l’orecchio, però, per non perdere le previsioni per il proprio segno zodiacale. Per qualcuno è una fede. Esistono trattati, maestri, convegni, corsi, blog di astrologia che esaminano oculatamente aspetti e congiunzioni astrali; che confrontano temi natali di uomini famosi o di momenti storici cruciali, per trarne previsioni per il futuro. Per qualcuno è addirittura una malattia. Ho visto da vicino una persona colpita da un grave lutto, che si è letteralmente aggrappata all’astrologia. Una donna che si era sentita abbandonata da Dio, e si è rivolta alle stelle. E attendeva non so quali passaggi di Giove o di Urano nel cielo, per sperare in qualcosa che nemmeno lei sapeva: nella fine di quel dolore cieco, o forse in un nuovo inizio. Si alimentava ogni mese di una rivista di astrologia che attendeva con ansia, si rivolgeva a una famosa astrologa che tanto apparentemente era solidale e affettuosa con lei, quanto precisa e avida nell’incassare, alla fine della seduta, il suo compenso. (È terribile, dover pagare per sperare). Ho visto quella donna invecchiare e, negli anni, attendere ancora, ostinatamente, che le stelle volgessero in suo favore. Qualcosa di drammatico e di terribilmente triste, dentro a una profonda solitudine. La solitudine è l’humus in cui alligna la fede nelle stelle. Quando non si crede più in Dio, e poco negli uomini, allora è il momento in cui si può consentire ad affidarsi agli oroscopi. Anche se so che molti credenti prestano un orecchio alle previsioni, così, sorridendo, “per gioco”. Perché nella fatica e nelle incertezze quotidiane può venire la tentazione di sbirciare in avanti, di cogliere prima del tempo una buona notizia – di farsi coraggio, insomma, con lo Zodiaco. È qualcosa che si può fare in modo leggero e spensierato; eppure, se ci pensate, andare a cercare un oroscopo è un piccolo atto di sfiducia in Dio. Vuol dire che dubitiamo che solo lui abbia in mano la nostra vita, o che sospettiamo che si sia dimenticato di noi. Quanto più grande è l’affidamento filiale di un cristiano. Nella buona e nella cattiva sorte, nella pace e nel dolore, quanto è più umano e vero mettersi nelle mani di Dio, certi che perfino i capelli del nostro capo sono contati – certi del suo disegno buono.

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