Correggere la manovra per evitare l'autunno dei più deboli
mercoledì 25 ottobre 2023

Da molti, forse troppi anni a ogni autunno, con la legge di Bilancio, si ripropone l’autunno dei più deboli. Sono le tante categorie bisognose di cure in quest’Italia in cerca di una maggiore e doverosa solidarietà: disoccupati, lavoratori a basso reddito, persone non autosufficienti, ammalati, minori abbandonati, emarginati di varia natura. Categorie costrette a vivere con le proprie piccole e grandi sofferenze e che cercano perciò risposte anche in più fondi, sempre necessari per attuare politiche capaci di alleviare i loro dolori materiali e morali.

Le esigenze sono sempre tante e troppo corta, invece, la coperta dei soldi a disposizione, sbrindellata com’è dalla sciatteria politica del passato che – dobbiamo sempre ricordarcelo – ha fatto colpevolmente aumentare il debito pubblico e il suo mega-carico della spesa per interessi (saranno quasi 98 miliardi di euro nel 2024, un’enormità).

Davanti a questo quadro, fondamentale diventa la capacità di prevenzione dei fenomeni. Come l’allarme demografico, da anni evidenziato su queste colonne e solo di recente divenuto di attualità assoluta nel dibattito pubblico, che getta un’ipoteca grandissima sul futuro nazionale. Bene sta facendo perciò il presidente della Repubblica a richiamare, in più occasioni, l’imperativo che deve animare le politiche pubbliche: anche ieri, nel messaggio al forum Unipol, ha definito una «responsabilità che non può essere elusa» quella di ragionare, tutti assieme, su nuovi strumenti capaci di ridare slancio a un «contratto sociale fra le generazioni», alla luce dell’invecchiamento della popolazione. Parole che la classe politica ha il dovere di non farsi scivolare addosso, ma di incorporare e tradurre appunto in nuove proposte, il più possibile condivise.

I problemi sono tanti: la crisi della sanità pubblica, acuita dalla fuga di migliaia di medici (e dove sembriamo aver rimosso troppo in fretta la lezione dell’epidemia Covid); l’abbandono in cui versa il sistema dell’istruzione; il lavoro povero, e altri ancora. E sono anche più pesanti in questa fase storica di alta inflazione, che fa lievitare tutti i costi. Chiaramente questi temi non sono responsabilità esclusiva dell’attuale governo, ma derivano da lontano, con cause stratificate lungo i decenni. Ma il governo in carica può invertire la tendenza oppure anche peggiorarla. Guidando i processi sul lungo termine e non limitandosi ad assecondare le istanze e gli "istinti" del momento dei cittadini.

L’esecutivo Meloni, dopo aver voluto per forza dare (come da impegni elettorali) uno scossone cancellando il reddito di cittadinanza a 150mila famiglie nelle quali vivono 210mila persone (che saliranno a 242mila entro fine anno), nella manovra per il 2024 – tuttavia ancora non definitiva – sta dando qualche segnale di attenzione ai redditi più bassi e alle esigenze delle famiglie con figli, anche se a volte con interventi troppo cervellotici (vedasi il bonus per gli asili-nido, che riguarda peraltro una minoranza, dato che in Italia solo per un bambino ogni 3 c’è posto in un nido). Certamente poco, anche perché bisogna fare i conti con un’altra realtà troppo spesso elusa finora e che viaggia di pari passo con la questione demografica: il peso troppo forte della spesa previdenziale all’interno di quella catalogata come welfare. Sempre il rapporto Unipol, ma anche altre fonti, la quantificano in più della metà dei 632 miliardi della spesa totale per il sociale (dato peraltro in crescita).

Anche se va sempre ricordato che da sempre nella voce “spesa previdenziale” rientrano anche misure di pura assistenza, altro punto su cui mai è stata fatta chiarezza. E', questo, un crinale molto delicato che, come già detto da più parti, ha visto negli anni qualche responsabilità anche del sindacato, più propenso a chiedere misure per i pensionati che per le giovani generazioni. Tirato da ogni parte, il welfare rischia così di rimanere uno strumento “a pezzi”: l’unica cosa che non serve in un quadro sociale che ha bisogno invece di rammendi sapienti. Con la capacità, da riscoprire e valorizzare, di saper rinunciare ciascuno (anche chi contesta qualche tassazione extra) a qualcosa per provare a costruire un domani che sia meno drammatico per chi più soffre. Quel che è il vero Bene comune.

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