venerdì 1 settembre 2023
Da oggi in libreria il testo che raccoglie storie, volti e racconti legati al progetto giornalistico di “Avvenire”. La campagna per i diritti e la dignità ha dato vita anche a un documentario
La copertina del libro

La copertina del libro - VP

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Nelle redazioni dei giornali si inseguono le notizie giorno per giorno, ora per ora. Ma è anche normale programmare il lavoro, almeno per le “date fisse” che si vogliono sottolineare con servizi speciali, interviste o inchieste. Così anche noi ad “Avvenire” nel gennaio scorso abbiamo iniziato a guardare all’8 marzo. Poiché pensavamo che la Festa della donna meritasse una trattazione speciale, ci siamo interrogate: chi, che cosa vogliamo “illuminare”, tra i tanti angoli bui che ancora oggi, nel 2023, affliggono l’universo femminile? E soprattutto, come rendere il mondo un po’ migliore svolgendo semplicemente il nostro lavoro di giornalisti? Il progetto #avvenireperdonneafghane è nato rispondendo a queste due domande. Chi, se non le afghane, che un governo integralmente patriarcale sta cancellando dalla storia, meritava il nostro racconto? E chi, se non le ragazze e le donne espulse dalle scuole e dal lavoro, ha disperatamente bisogno che il mondo non le dimentichi?

Dall’agosto 2021, quando i taleban hanno preso il potere, è stato un susseguirsi di bandi: l’associazione Nove onlus ne ha contati 46 “ufficiali”, a cui si aggiunge una ventina di obblighi travestiti da “consigli”. Un lungo elenco di proibizioni che ha eliminato la presenza femminile dalle università, dai luoghi di lavoro, dai parchi, dai negozi. Le donne non possono salire su un taxi o passeggiare per strada da sole, né entrare in un bagno pubblico né fare le estetiste e le parrucchiere... I taleban vogliono città senza donne in una nazione senza donne ; propugnano una società “monogenere” poiché temono che il confronto e il dialogo con l’altra eroda le fondamenta di un potere forgiato dalla guerra e perpetuato in nome di essa. Una terrificante doccia fredda, dopo le speranze suscitate nel ventennio di governo instaurato dalle potenze occidentali dopo l’invasione conseguente all’attentato delle Torri Gemelle del 2001.

La copertina del libro

La copertina del libro - VP

Dunque, da metà febbraio a tutto marzo 2023, ogni giorno abbiamo pubblicato, online e sul giornale “di carta”, la testimonianza di una donna afghana, fino ad arrivare a una galleria di oltre 40 storie, le stesse che ora sono raccolte per la prima volta nel libro in uscita proprio oggi “Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani” edito da Vita e Pensiero, in collaborazione con “Avvenire”, nella collana Pagine prime (200 pagine, euro 15). Ognuna di loro – incontrata di persona in Italia o in altre città europee, intervistata in videoconferenza dall’esilio in Pakistan, o raggiunta con difficilissimi collegamenti in Afghanistan – ha offerto a noi giornaliste una lezione di coraggio, di resistenza, di speranza. Donne che continuano a lottare per la libertà di tutte, come la ex sindaca Zarifa Ghafari, esule in Germania, donne che hanno pagato un duro prezzo per il loro coraggio, come la ex magistrata Maria Bashir, minacciata di morte, o la ex deputata Malalai Joya, sfuggita alla vendetta e ora in semiclandestinità in Spagna, oppure donne che giocano a roulette con la vita restando a Kabul, come la candidata al premio Nobel per la pace Mahbouba Seraj, o come Roqia che ci ha raccontato il suo sogno di diventare pilota, coltivato quando in Afghanistan c’erano gli occidentali e poi drammaticamente naufragato nei divieti dei fondamentalisti islamici.

Giovani che volevano solo praticare il loro sport preferito, come la calciatrice Nazira, oggi rifugiata in Italia, o la cestista disabile Nilofar, che ora porta la maglia di una squadra di basket di Bilbao … Nel libro sono raccontate, con le voci delle protagoniste, le vicissitudini di madri di famiglia arrivate in Italia dopo una fuga precipitosa nell’agosto 2021 e che ora in Italia stentano a trovare un loro futuro, come Zakia, scappata con marito e due figli adolescenti, la cui unica colpa era di gestire a Kabul una scuola per bambini autistici finanziata da una ong italiana. Tutte insieme, queste storie, raccontante con rispetto e partecipazione, offrono un quadro straordinario di come le donne afghane interpretano il loro duro destino: soffrendo, ma tenacemente resistendo, nella fede che un giorno potranno ritornare a dare un contributo al futuro del loro amato Paese. Abbiamo voluto che a raccontare di loro fossero le firme femminili di “Avvenire”, chiedendo ai colleghi uomini di mettersi in ascolto del dolore delle donne per schierarsi con ancora maggiore convinzione al nostro fianco, alleati indispensabili nella battaglia per la libertà e la pari dignità. Tutte le colleghe hanno voluto esserci, con entusiasmo e partecipazione e le loro firme sono raccolte, anch’esse, nel libro.

Il libro che esce oggi rispecchia anche un prezioso lavoro di rete: numerose sono le associazioni impegnate in Afghanistan nel sostegno alla popolazione che ci hanno accompagnato e continueranno a farlo nei prossimi mesi. Con il loro supporto abbiamo potuto ricevere dall’Emirato e pubblicare, sotto anonimato, lettere scritte in prima persona da donne che combattono per i più elementari diritti: giovani infermiere che con il loro lavoro mantengono decine di familiari e tremano al pensiero di ciò che accadrebbe se dovessero perderlo, studentesse che hanno visto azzerare i loro percorsi universitari, operatrici umanitarie che si devono nascondere per distribuire i viveri per la sopravvivenza delle vedove di guerra e dei loro figli. Ogni lettera arrivata dall’Afghanistan alla redazione di “Avvenire” e che ora è pubblicata nel libro è stata trattata come un documento prezioso, nella consapevolezza che non si tratta solo di parole ma di vita vera, di una sofferenza senza fine.

Nel libro c’è anche una sezione fotografica-letteraria: Laura Salvinelli, fotografa sensibile, più volte inviata in Afghanistan, con i suoi preziosi ritratti ha ispirato cinque scrittrici e giornaliste, che hanno scritto altrettanti racconti, ciascuno con la propria sensibilità, sul dolore di essere donna, oggi, nell’Emirato islamico dei taleban: Ritanna Armeni, Tiziana Ferrario, Mariapia Veladiano, Marina Terragni e Silvia Resta.

Il progetto #avvenireperdonneafghane oggi si è concretizzato nel libro; ma, come abbiamo detto all’inizio, voleva rispondere anche alla domanda: come rendere il mondo un po’ migliore? Ecco che, accanto alla campagna giornalistica, abbiamo chiesto ai lettori di contribuire a sostenere un’opera educativa non ufficiale, che mira a colmare le lacune scolastiche delle ragazzine espulse dal sistema di istruzione. La risposta è stata eccezionale e perfino inattesa: grazie alla generosità di tantissimi, è stata raccolta una somma rilevante, che è stata già consegnata ai referenti locali in Afghanistan. L’esperienza della “scuola che non c’è” è diventata anche un documentario, il cui trailer sarà presentato il 6 settembre a Venezia. Il docu-film completo sarà protagonista di un evento nell’ambito della MedFilm Festival di Roma, il prossimo novembre. Un libro, un podcast, un documentario: tanti modi per stare accanto alle donne afghane che hanno bisogno, oggi più che mai, che il mondo non si dimentichi di loro.

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