La morte che si dice libertà e la speranza che la vita
domenica 24 ottobre 2021

Lunedì 25 ottobre, la proposta di legge sulla legalizzazione dell’eutanasia approderà alla Camera per avviare una discussione a Montecitorio a seguito dell’imponente raccolta di firme referendarie promossa dall’Associazione Luca Coscioni. Gli slogan convincenti 'Liberi fino alla fine', e giù di lì, hanno permesso di incassare più di 900mila firme. Un vero trionfo. Tutti (o quasi) a favore della più assoluta autodeterminazione nella scelta delle cure mediche e degli interventi sanitari. Così potremo dire, più di quanto non si faccia già ora, che la vita di ogni persona è un fatto privato, un possesso a esclusiva disposizione del singolo individuo che potrà disfarsene secondo inappellabili e indiscutibili motivi personali.

La mia vita sarà solo mia e potrò farne ciò che voglio. Che paura! Non vi nascondo che mi tremano i polsi al pensiero che a Federica, malata cronica di depressione, con storie di abusi e di violenze domestiche alle spalle, sia dato il titolo di essere custode di se stessa. Lei che si piscia addosso per intere giornate a letto perché non ha voglia di alzarsi e andare in bagno, schiacciata da quel senso di vuoto e di nulla che si porta dentro. Chissà che farà della sua vita... Magari anche lei troverà un passaggio per la clinica della morte, non più oltreconfine, per porre fine alle sue angosce.

Che strano, oggi domenica 24 ottobre, proprio il giorno prima di portare nella sede parlamentare il testo di legge sull’eutanasia legale, a Rimini sarà proclamata Beata una ragazza morta per incidente stradale all’età di 22 investita da un’auto mentre scendeva dalla sua macchina. Era il 2 maggio 1984. Sandra non era una Vip e non sarà una Santa star. Era una ragazza semplice, ordinaria e anonima come tante altre. Eppure nel suo Diario personale scriveva pensieri acuti, lucidi e di una profondità spirituale spiazzante. Non usava grandi paroloni o articolazioni grammaticali elaborate, ma con semplicità inaudita scriveva «Questa vita non è mia», «un regolare respiro che non è mio» e poi ancora «non c’è nulla a questo mondo che sia tuo, Sandra».

Appunti, frasi, pensieri sparsi di un’adolescente che ardeva di slanci ed inquietudini perché il suo corpo avesse destinazione universale. La sua vita era bene personale di pubblico consumo. Coincidenza stridente, il messaggio di Sandra, anonima Beata e la voce grossa delle 900mila firme raccolte (e dei media che le sbandierano) per accaparrarsi il proprio corpo e farne e disfarne a proprio uso e consumo. Una legge per sancire un’ennesima tappa di libertà e civiltà, secondo gli slogan.

Una legge per decretare un individualismo sregolato e necrofilo (ammanicato, inesorabilmente, coi 'poteri forti' dell’aborto). I Beati di tutti i giorni, che non andranno mai sui calendari, passano sulla scena terrena facendosi consumare dai bisogni degli altri, offrono i loro corpi a beneficio di molti, non si ritengono padroni esclusivi dei loro sensi, perché anche a servizio degli indigenti. Non riservano per sé. La loro stessa vita, anche quando dolorosa, fragile, ammalata, invecchiata, abusata non sarà mai inutile, ma bene a destinazione universale. Non sarà mai meritevole di essere spenta, ma ancora luce, flebile, e pur sempre luminosa. In confidenza. Se Federica, depressa cronica, con il puzzo maleodorante di piscio addosso, dovesse trovare la forza di alzarsi dal letto e uscire in strada... spero proprio che le dia il passaggio Sandra, Beata anonima, per stupirsi di fronte alla meraviglia della vita, anche quando si fa dolente e faticosa, piuttosto che trovare un passaggio libertario per le opulente cliniche del fine vita. Passa, Sandra! Passa ancora. Passa, ti scongiuro. Passa, sotto la strada di casa mia.

Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

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