«La mia generazione non accetterà ciò che lasciamo agli afghani». Ma c'è una speranza
venerdì 20 agosto 2021

Gentile direttore,
da appassionato e da studente di Relazioni internazionali e Sicurezza globale, da giovane, da attivista, da ragazzo di 22 anni, da credente, è stato per me un dolore ascoltare il presidente Biden affermare che la ricostruzione dell’Afghanistan non è mai stata un obiettivo per gli Stati Uniti d’America, liquidando così una situazione che costerà vite e diritti. Il capo della Casa Bianca non ricorda forse che il suo Paese è stato uno dei principali firmatari della risoluzione 1378 del novembre 2001, in cui il Consiglio di Sicurezza ha espresso il suo supporto per la popolazione afghana nella ricostruzione di una «nuova e transitoria amministrazione che portasse a una formazione del governo», pienamente rappresentativo della popolazione del territorio e rispettoso dei diritti umani. È doloroso sentirsi dire che la comunità degli Stati occidentali, atlantisti, quelli che nell’immaginario comune consideriamo 'i buoni', abbia agito solo per l’interesse di disinnescare il rischio di attacchi terroristici. Primo, perché anche se l’obiettivo fosse stato solo quello, comunque oggi dopo 20 anni sarebbe fallito dal momento in cui i violenti taleban hanno sovvertito il governo legittimato da elezioni ufficiali e a livello internazionale. Secondo, perché l’assistenza umanitaria sacrosanta che abbiamo fornito alle popolazioni afghane non pareggerà mai il caos che abbiamo lasciato andandocene senza lasciare una situazione stabile. Abbiamo lasciato l’Afghanistan peggio di come lo abbiamo trovato. E questo una generazione di giovani che crede nel multilateralismo per risolvere questioni globali, come le catastrofi ambientali e la guerra, non lo accetterà. No, non lo accetteremo.

Giovanni Crisanti Roma

Lei ha 22 anni, caro Giovanni, e il dolore, l’indignazione e la passione con cui parla a nome di quella bella parte della sua generazione «che crede nel multilateralismo» (cioè in un mondo in cui tutti i giochi di potenza continuano, ma tutti gli Stati e i popoli hanno voce, peso e uguale dignità) le fanno onore. Posso solo confermarle che anche tanti della mia generazione vivono e sentono quanto sta accadendo in Afghanistan e le parole che il presidente Biden ha scelto per 'chiudere' vent’anni di storia, di guerra e di comprensione e pace mancate come una tragedia e un fallimento di cui siamo amaramente corresponsabili come cittadini d’Italia e di quella parte della società umana che associamo all’idea di libertà e di giustizia. Ma ho conosciuto giovani donne (e colleghe giornaliste) coraggiose e altri giovani afghani orgogliosi della propria cultura eppure radicalmente diversi dai taleban vecchi e nuovi. In questi vent’anni sono nati e cresciuti anche loro. Per questo, nonostante tutto, nonostante l’incubo e la fuga strappacuore di tanti in queste ore, ho ostinata speranza, con strenua fiducia in una nuova generazione di afghani che non si rassegnerà al disastro della ragione, dell’umanità e della buona fede. Dobbiamo aiutarli a non essere 'usati' dai cinici signori della guerra d’oriente e d’occidente, e non dobbiamo lasciarli soli.

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