giovedì 11 aprile 2013
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Quando nelle nostre scuole e nelle città era molto diffusa l’eroina, furono istituiti dallo Stato dei Centri regionali anti-droga. Purtroppo la mia regione era una delle più impestate. E la mia città era un centro di arrivo, consumo e rivendita. Non ha importanza qui dire quale regione e quale città, questa è una premessa per arrivare all’aneddoto che segue. Il Centro anti-droga della mia regione fu fondato nella mia città, e aveva tre componenti: uno psichiatra, presidente, una psicologa psicoterapeuta e un rappresentante delle scuole. Quest’ultimo ero io. Nel primo giorno di riunione, il presidente psichiatra c’istruì sulle differenze degli effetti tra eroina, acido e cocaina, usando i termini che adesso ripeterò. C’è una porta chiusa (sensazione contro cui sbattono tutte le generazioni: loro vorrebbero correre, ma la porta chiusa le blocca). Il drogato di eroina arriva, la guarda, si rassegna, s’accovaccia per terra e dorme. Il drogato di cocaina arriva, la guarda, s’infuria e comincia a prenderla a spallate. Il drogato di Lsd arriva, la guarda bene, fa un ragionamento, e cerca di passare per il buco della serratura. Aneddoto memorabile, non mi esce dalla testa. L’ho già citato qui, un paio d’anni fa. Abbiamo attraversato l’epoca della giovane generazione che s’accovacciava per terra nel sacco a pelo e dormiva. Il mondo era una guerra, e loro volevano pace. L’eroina era una droga pacificante, anche troppo: ti evitava i conflitti col mondo spedendo il tuo cervello fuori dal mondo. Il mondo è ancora una guerra, ma adesso le giovani generazioni (dappertutto, mica solo in Italia) la vogliono combattere e vincere. Hanno bisogno di una carica aggressivante. La droga per la lotta e la vittoria è la cocaina. La cocaina, dice nel suo ultimo libro Saviano, è «il motore del mondo». Alcune cose mi separano da Saviano, per esempio che la cocaina sia in tutti e dappertutto, e che se qualcuno non la vede, vuol dire che è in lui. Questo concetto non intende dire che tutti prendono la droga, comprese la maestra elementare e la donna delle pulizie, e che se non me n’accorgo vuol dire che «la persona che ne fa uso sono io». Ma vuol dire, penso, che la droga sposta nervi e cervello sul piano di una alterazione generalizzata, e se io non la noto vuol dire che sono su quel piano. Viviamo in un mondo drogato dal bisogno di soldi, potere, piacere. La lotta per il potere è epica. I protagonisti dell’epica sono gli eroi. Il comando non ha un’etica. «Comandare per il bene, la giustizia, la libertà, sono cose da fimmine, lasciamole agli idioti», fa dire qui Saviano, a un meridionale. Con la cocaina sei tutto, senza cocaina non sei niente. Se sei tutto puoi ammazzare, se non sei niente vieni ammazzato. Il boss dei boss non ha moglie figli amici o Dio, deve tenersi libero da tutti per fare tutto. Gli anti-narcos arrivano in una piantagione e la bruciano. Nessun contadino si muove. Ma una cagna si butta tra le fiamme e va a salvare i suoi cuccioli. Dunque la Natura ha dato l’istinto materno, ma quello vale per le bestie, se vuoi il potere lo devi sopprimere. La morfina smorza il dolore dei soldati feriti, e nulla è più antimilitarista dell’urlo di un ferito in guerra (invidio a Saviano questa metafora). Dunque gli stati che combattono la droga la coltivano pure. Se sei un boss e t’hanno trovato e scappi, non devi portare con te né la moglie né un figlio: in un certo senso, la fuga è una morte. «Se non hai legami, se non hai nulla da perdere, sei invincibile». «Ci sono molti angoli del mondo che vivono senza ospedali, senza web, senza acqua corrente; ma non senza coca». L’esperienza nel primo Centro anti-droga regionale ha lasciato in me una memoria lancinante e indelebile: la droga è il rifugio delle vite senza valori, senza padre madre fratelli amici Dio. La droga è il riempitivo del Nulla. I figli che fuggono nella droga sono «figli perduti», e così ho intitolato un libretto in cui parlo di loro. Mettiamo qualcosa, al posto di quel Nulla, e il figlio tornerà. Salvando la sua vita. E la nostra.
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