martedì 14 ottobre 2014
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​Uno stillicidio. A Caivano, nel Napoletano, è stato ucciso Emilio Solimene davanti alla mia parrocchia, dove era stato battezzato. Aveva 25 anni appena. Non era uno stinco di santo, era già noto alle forze dell’ordine. Omicidio di chiaro stampo camorristico: due colpi alla nuca in pieno giorno. Non so chi sia stato a decretare la morte di questo sventurato. Per la verità, nemmeno mi interessa. Nel giro di pochi anni, nel territorio della mia parrocchia, sono state uccise una decina di persone, tutte giovanissime. Il metodo è spietato. Si va non per intimidire, ma per eliminare. La camorra ha bisogno di manovalanza, di ragazzi che lavorano senza fare  domande, che sappiano tenere la bocca chiusa, pronti ad adulare il «datore di lavoro». Essere adulati: vecchia tentazione che ritrovi un poco dappertutto. La camorra non ama avere tra i piedi chi pensa con la testa sua. Con chi, a lungo andare, può trasformarsi in un nemico. La camorra soffre di una debolezza intrinseca. È la maledizione dalla quale non potrà mai liberarsi, i nemici di domani sono gli amici di oggi. Chi oggi comanda dopo aver eliminato il vecchio capo sa che sarà fatto fuori dal ragazzino cui insegnò a usare la pistola. Non servono alleanze e parentele. Il dio denaro ha ammaliato i cuori, le vertigini del potere li hanno resi insensibili a ogni invocazione, lamento, pianto. Quartieri come il «Parco verde»  non sarebbero mai dovuti nascere. Anche il sociologo più ingenuo sa che le povertà ammassate in un solo luogo diventano esplosive. Chi ha fame cerca di mettere a tacere lo stomaco. Al «Parco Verde» come a Scampia o alle Salicelle di Afragola, la disoccupazione raggiunge percentuali altissime. Tante famiglie sono a reddito zero. In casa non entra niente. Secondo logica tanta gente, nel giro di poco tempo, dovrebbe morire di fame. Non accade. Che vuol dire? Semplicemente che sta mangiando pane sporco, avvelenato, impastato con il sangue dei fratelli. Intorno al camorrista gira una miriade di persone. C’è bisogno di tutti: di chi guarda e di chi avverte, del garzone e della massaia. Di chi finge di chiamare un nome per dire che ci sono i carabinieri in giro e di chi sa menar le mani.  Nella casa del camorrista non si troverà mai niente che possa farlo condannare. La droga porta nelle loro casse tanti soldi. Di questa montagna di denaro solo una minima parte andrà ai collaboratori. Sono pochi coloro che si arricchiscono. E questi il potere se lo tengono ben stretto. Hanno il terrore dei ragazzini che crescono in fretta, che saltano le tappe, che non passano per l’adolescenza, ma arrivano direttamente alla giovinezza vissuta con la mente e il cuore dei bambini. Al «Parco Verde» è stato ucciso un  giovane. Davanti alla parrocchia dove fu battezzato. Può darsi che volesse tentare la scalata, che sia stato ingannato dagli stessi amici, che avesse tradito il «datore di lavoro». Non lo so. So che questi luoghi sopravvivono in un degrado insopportabile. Che lo Stato ha tirato i remi  in barca e si guarda bene dall’intervenire. Che i vigili urbani li evitano come la peste. Lunedì la nostra parrocchia si preparava a celebrare  la festa della Madonna di Fatima. In serata: Rosario, Messa solenne e fiaccolata per le vie del quartiere. I bambini erano entusiasti. Inutile dire che la fiaccolata non c’è stata. C’è stata invece la Messa  in suffragio di Emilio e di tutti coloro che, ammaliati e ingannati dal facile e disonesto guadagno, si sono lasciati  ingoiare dalla morte violenta e prematura.
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