L’umanità unita riflette la grandezza di Dio
giovedì 8 ottobre 2020

La terza Lettera enciclica di papa Francesco Fratelli tutti («Sulla fraternità e l’amicizia sociale») si colloca nel solco delle altre precedenti del magistero sociale della Chiesa. E riprende l’espressione «fratelli tutti» (' fratres omnes') utilizzata da san Francesco d’Assisi nella sesta 'Ammonizione' ai suoi frati e a tutti i fedeli, il quale «non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio» (4). E, infatti, l’intera enciclica si ispira all’anelito a una fraternità universale, che in Francesco d’Assisi corrisponde a tre intuizioni: l’amore a Dio, all’uomo e al creato, qui riprese dal Papa.

Dal punto di vista teologico, Fratelli tutti contempla Dio per capire l’uomo. Detto ancora meglio: poiché i credenti sanno che ogni filamento di umanità è un riflesso e un frammento di Dio, l’enciclica innestandosi proprio nel solco del Concilio Vaticano II, rispetto alle altre religioni, «considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che […] non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini» (279).

E si innesta in un cristocentrismo inclusivista, che corrisponde all’imperativo: guarda a ogni uomo, scorgerai un riflesso di Gesù Cristo per arrivare a Dio. Il principio che la anima in sottofondo è questo: la medesima umanità è amata da Dio; essendo una, non è possibile ipotizzare un politeismo, dove vi sia diversità tra dèi, altrimenti vi darebbero più tipi di umanità. Infatti, «Cristo ha versato il suo sangue per tutti e per ciascuno, e quindi nessuno resta fuori dal suo amore universale » (85). Anzi, chi crede sa che «la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni» (282). Diversamente, «se non si riconosce la verità trascendente, allora trionfa la forza del potere» (273).

La Dottrina sociale della Chiesa viene presentata riflessa nei propri fondamenti etici e biblici. Con molti elementi di novità. Ne elenchiamo alcuni, per capitolo: a) la globalizzazione deve confrontarsi con il movimento migratorio che è espressione del «pieno diritto» di ogni essere umano «alla ricerca di opportunità per sé e la propria famiglia », ma che deve anche tener conto del «diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra» (38) e con la chimera dei rapporti digitali, i quali privano del «bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana» (43); b) il valore del fratello abbandonato, soccorso dal buon samaritano (Lc 10,25-37), immagine di Gesù e di Gesù abbandonato (85), per cui vi è un certo analfabetismo «nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate » (64); c) tra i tre valori della libertà, uguaglianza e fraternità, è la fraternità che dà contenuto alle prime due (103); d) la protezione del rifugiato, fino a «stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze » «131); e) conviene fa crescere «una spiritualità della fraternità» (165), consapevoli che «il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale» (168); f) è necessario essere consapevoli dell’«assimilazione dell’etica e della politica alla fisica» (210), che porta al «relativismo» (FT 206) dove domina la nietzschiana volontà di potenza (209); g); che l’amicizia sociale «non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione su di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto» (245); h) e che «per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo» (277). Infatti, imparando dalla Vergine Maria (288), l’attenzione del cristiano «è rivolta non solo a Gesù ma anche al 'resto della sua discendenza'» (Ap 12,17).

Una metafora aiuterà a capire che siamo «fratelli tutti». Quando il 2 settembre 2015 abbiamo visto su quella spiaggia turca il bimbo siriano Alan Kurdi morto a otto anni rivolto a faccia in giù, lì abbiamo sentito che è morto ciascuno di noi, l’umanità tutta, perché chi «uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera» (285). Esattamente come accadde a Gesù, il Cristo.

Sacerdote cappuccino e teologo, Pontificia Università Lateranense

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI