venerdì 24 giugno 2011
Possibile riconoscere i problemi e i valori di base. E trovare un metodo
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All’indomani dell’attesa verifica parlamentare sollecitata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la situazione politica appare in continuo movimento e il clima sociale si va facendo più "caldo". Ne è sintomo la protesta dei precari davanti a Montecitorio, con scontri e lancio di bombe carta, mentre la richiesta fatta dalla Lega di uno spostamento dei Ministeri al Nord è stata accolta con malumori nella Capitale e con irritazione persino nella base leghista. Non è tempo di propagande furbe e di arroccamenti sterili, e la gente sembra capirlo - o, almeno, sentirlo - più di non pochi politici.È senza dubbio comprensibile che dopo le tornate amministrative e referendaria di primavera, con con le bocciature incassate dalle forze dell’attuale area di governo, si vagheggi l’apertura di una nuova prospettiva. Ma sarebbe un errore far coincidere questo anelito (che riguarda tutte le forze in campo e non può fare a meno del contributo "dal basso" di chi oggi guarda con distacco e persino con disgusto al quadro politico nazionale) con la spinta verso un epilogo anticipato della legislatura. Il superamento della crisi italiana ha certamente bisogno di un "cambio di faccia" dell’attuale bipolarismo, ma anche di ben altre spinte di ben altri contenuti.Leggendo tra le righe il quadro che appare dall’ultimo rapporto del Censis, si vede infatti con chiarezza che una parte significativa del Paese è tentata dal disfattismo e dal pessimismo, soprattutto nella fascia giovanile. Non si tratta evidentemente di un passeggero ripiegamento generazionale, ma dell’effetto nefasto della litigiosità perpetua e dell’inconcludenza risanatrice e riformatrice che monopolizza ormai da anni la pratica democratica. La forza delle opinioni contrapposte, se bene intesa e attuata, è una ricchezza, anche perché un sistema liberale vive del confronto aperto (e talvolta aspro) tra visioni diverse. Il problema nasce quando la dialettica politica degrada in incomunicabilità, in violento disconoscimento reciproco delle parti e in una perniciosa incapacità di servire assieme, quando si può e si deve, il bene comune.Ecco perché continua a risuonare con urgenza il richiamo dei portavoce della società civile e, con particolare profondità, dell’episcopato italiano a un cambiamento di rotta. Conviene ribadirlo: in discussione non c’è la validità di una maggioranza o la legittimità di un governo. Siamo in democrazia, e su questo - nonostante le pessime regole di voto - decidono i cittadini al momento delle elezioni. La questione vera è di metodo. Andare oltre l’attuale fase di stallo significa necessariamente abbandonare l’idea dello scontro frontale e propiziare una vera e propria "pacificazione nazionale", quasi un nuovo patto fondativo. Non si tratta di garantire una tregua di maniera, ma di scavalcare l’impasse che si è creata attorno ad alcuni permanenti nodi irrisolti (a cominciare dalla continua tensione tra politica e giustizia e dal gran tema dei conflitti di interesse) e di rimboccarsi le maniche davanti alla montagna del debito che grava intollerabilmente sul presente dell’Italia e sul futuro delle nuove generazioni.Una riuscita "pacificazione nazionale" non soltanto favorirebbe l’instaurarsi di una proficua serenità di fondo, ma rinvigorirebbe la credibilità della classe dirigente, indispensabile per le riforme sociali e fiscali attese e ormai reclamate. E allora non è inutile ricordare che in questo cammino la via maestra passa per la riaffermazione della inequivocabile e portante centralità dei valori costitutivi della convivenza civile, richiamati e fissati nella prima parte della nostra Costituzione. Essi coincidono largamente con i perni della dottrina sociale cattolica. Prima di tutto, la dignità individuale e comunitaria della vita di ogni persona, asse fondamentale di una solidale cittadinanza, e la funzione essenziale e costruttiva della famiglia. La lezione della storia è che in un’autentica democrazia tutto ciò che è rispettoso delle intangibili libertà umane è possibile. Anche l’unanime riconoscimento che alcuni valori superiori sono indiscutibili e strategici per assicurare speranza e garantire progresso al bene comune.
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