Il segno cristiano
mercoledì 2 novembre 2016

Un gesto coraggioso. Un messaggio profetico. L’avvio di una stagione nuova. Ma anche il culmine di un lungo cammino di preparazione. Il segno cristiano concreto della vicinanza all’altro, oltre le differenze. La caparbia testimonianza della «cultura dell’incontro», parola chiave del suo pontificato.


La visita del Papa in Svezia, a "casa" dei luterani, è stata insieme logica e rivoluzionaria. Audace e di rottura certo, come dimostrano le rimostranze di una piccola ma battagliera parte dello stesso mondo cattolico. E al tempo stesso "naturale", quasi doverosa verrebbe voglia di dire, alla luce della lunga e tenace marcia di riavvicinamento reciproco di cui l’Accordo del 1999 sulla «Dottrina della giustificazione» è stato il punto più alto e il documento «Dal conflitto alla comunione» (2013), lo scenario di riferimento. Un testo quest’ultimo, scritto insieme da cattolici e luterani che impegna entrambe le comunità a ricercare l’unità visibile e in tal senso a «elaborare e sviluppare» passi concreti. Perché il Papa non è andato a Lund a commemorare, peggio a "festeggiare" una frattura, ma a riprendere in mano i fili della storia per poterla ricucire, superando, là dove possibile, controversie e malintesi.


Se il passato è infatti immutabile, la memoria e il modo di "farla" possono essere trasformate, provando a considerare le ragioni dell’altro, alimentando il cammino di riconciliazione con semi di vita nuova. Ecco allora il riconoscimento di Lutero come riformatore dall’interno della Chiesa, ecco l’omaggio al ruolo giocato dalla tradizione luterana per "mettere" la Scrittura nelle mani del popolo di Dio. Considerazioni, immagini che la storia ha fatto sue da tempo, ma che suonano dirompenti se evocate da un Papa, specie in un contesto secolarizzato e post-cristiano come la Svezia di oggi. Qui infatti non si tratta di negare un passato fatto di scontri, conflitti e scomuniche reciproche, ma di riconoscerne lo scandalo, di assumersi ciascuno le proprie responsabilità, di vedere che cosa le due comunità possono fare insieme.


Così nel riconoscere i luterani come interlocutori di primo livello, altro gesto tutt’altro che scontato, Francesco ha sottolineato come l’impegno per il dialogo non possa che tradursi in gesti concreti, sul terreno dell’accoglienza, dell’attenzione agli ultimi, più in generale della prassi. Senza negare le differenze che pure restano, in ambito più specificamente teologico come in campo etico, da Lund e da Malmö è risuonata con forza la chiamata alla testimonianza comune sul fronte della tutela della dignità dell’uomo, specie se povero e dimenticato, l’invito a promuovere il vocabolario della pace, il richiamo ad andare incontro, insieme, agli scartati di ogni società e latitudine. Tanto nella Dichiarazione congiunta firmata dopo la celebrazione di Lund che nell’intesa tra Caritas internationalis e l’organismo luterano equivalente, risulta centrale infatti la lotta alla povertà e alle sue cause. In particolare, di fronte a un fenomeno epocale (e forzato) come le attuali migrazioni dal Sud al Nord del mondo occorre lavorare insieme «per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo».


Sbaglia però chi pensa che la "due giorni ecumenica" del Pontefice in Svezia sia servita solo a puntellare e rilanciare il pur benemerito impegno sociale della Chiesa cattolica e della Federazione luterana. Perché anche la più matura e generosa testimonianza di solidarietà concreta, sarebbe svuotata di senso, cristianamente parlando, senza un preciso riferimento al Vangelo. Di qui il richiamo alle Beatitudini come carta d’identità del seguace di Gesù. Nel perdono del male che si è subito, nello slancio sul fronte dell’evangelizzazione, nella cura della casa comune, nella rinuncia al proprio benessere per il bene degli altri. Soprattutto nell’impegno, nel lavoro per la piena comunione dei cristiani. Un servizio che non può fare a meno dell’azione dello Spirito e del sostegno della preghiera, che è benzina per il motore del dialogo, guida a impedire che si perda di vista la centralità di Cristo, filo di misericordia con cui ricucire lo strappo di antiche divisioni.

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