mercoledì 4 giugno 2014
Un impegno per 100mila. Resta aperto il nodo dei fondi.
di Luca Liverani
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​Proprio quando la traversata nel deserto dei tagli si stava facendo insostenibile, all’orizzonte è apparsa l’oasi. Eccola, è il Servizio civile universale, il progetto annunciato il 13 maggio dal premier Matteo Renzi nell’ambito della riforma del Terzo settore. Quasi una rivoluzione, che dovrebbe ridare vita all’attuale Servizio civile nazionale, tanto lodato da tutta la politica quanto, nei fatti, finora bistrattato. Un piano ambizioso che vuole far lievitare gli attuali 15mila volontari – una squadra a ranghi sempre più ridotti – fino a quota 100 mila. I compiti? Nel solco della tradizione: difesa non armata della Patria realizzata nella tutela dei suoi cittadini più deboli, della natura, dei beni culturali. Ma anche scuola di cittadinanza e solidarietà, che aiuti allo stesso tempo i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro. Abbandonata l’idea dell’obbligo – improponibile gestire 500 mila giovani l’anno – la scelta s’è indirizzata verso un servizio di otto mesi invece dei dodici attuali, prorogabili di altri quattro. E universale, cioè accessibile davvero a tutti quelli che lo desiderano, compresi i giovani stranieri. Oggi i tre quarti delle domande vengono respinte per mancanza di fondi.
Sarà davvero l’oasi della salvezza? O piuttosto un ingannevole miraggio? Di certo c’è che per un meccanismo così grande servono almeno 500 milioni l’anno. Il quintuplo dei risicati fondi attuali. Chi ha proposto questo salto da record sa bene che è inevitabile una precisa scelta finanziaria. Ma già si parla di compartecipazione alla spesa da parte delle amministrazioni locali, così come degli Enti non profit che danno ai giovani la possibilità di svolgere il servizio. Dagli interessati, che apprezzano l’annuncio, arrivano altolà e distinguo.
Se riforma sarà, comunque, si chiuderà il secondo ciclo della storia del servizio civile in Italia. I primi passi nel lontano 1972, quando – nell’era della naja – chi rifiutava di sparare finiva in galera. È la legge 772 che riconosce l’obiezione di coscienza e istituisce il servizio civile sostitutivo. In 30 anni lo faranno centinaia di migliaia di giovani. Con la nascita delle Forze armate professionali, anche il servizio civile diventa volontario con la legge 64 del 2004. E le adesioni superano le aspettative: il primo anno 32.211 volontari, soprattutto ragazze. Fino al 2007 il contingente si attesta attorno ai 45 mila giovani l’anno. Poi il declino: 27.011 nel 2008. E con la mannaia dei tagli lineari il crollo: 15.939 nel 2011. Una parabola che segue quella dei finanziamenti: dai 120 milioni dell’inizio al picco di 296 nel 2007. Da lì comincia la china: 123 milioni già nel 2011, nemmeno 70 nel 2012. Molti enti rinunciano a presentare progetti, quasi matematicamente cestinati. Nonostante la contrazione, le domande dei giovani sono sempre ostinatamente sovrabbondanti: nel 2012 – spiega sempre l’ultima Relazione al Parlamento dell’Ufficio per il servizio civile – ne sono arrivate oltre il quadruplo: 87.635 per 20.123 volontari richiesti.Per un servizio civile da 100 mila volontari, dunque, il potenziale c’è. «Il servizio civile, dopo il boom del ’96, è andato scemando fino a ridursi a un servizio di élite», ammette Francesca Bonomo, deputata piemontese del Pd. Trentenne, laurea in legge, master all’estero e volontariato coi senza dimora, a lei è stato affidato il compito progettare il nuovo servizio civile. Venerdì scorso era a Torino, col sottosegretario Luigi Bobba che ha la delega in materia, per il lancio della «campagna di ascolto» lanciata dal Pd per raccogliere suggerimenti e proposte sulla grande riforma del Terzo settore.Oggi dunque è un’esperienza di nicchia. Spesso a farlo sono universitari, ragazzi già vicini all’associazionismo, giovani che hanno assai meno bisogno di altri di educazione alla cittadinanza. «Vogliamo rivoluzionarlo, ampliandone la platea e confermandone la funzione di difesa della patria». Oggi il 61% dei volontari è attivo nell’assistenza, il 25% nella promozione culturale, il 9% nel patrimonio artistico, il 2% sia nell’ambiente che nella protezione civile. «Settori che forse meriterebbero di essere riequilibrati: la Campania, ad esempio, dovrebbe investire di più nell’educazione ambientale».
Di sicuro, sostiene Bonomo, «va reso appetibile con crediti formativi o periodi di tutoraggio nel mondo produttivo». Un servizio per 100 mila giovani comunque non si organizza dall’oggi al domani . «Serve un passaggio graduale, gli enti non sarebbero pronti: penso a un percorso triennale con un raddoppio del contingente ogni anno». Con quale investimento? La parlamentare concorda sui 500 milioni, «ma gli enti territoriali saranno chiamati a partecipare». E il terzo settore? «Dovranno sviluppare quello che già fanno, investire nei progetti e nella formazione». Per i tempi, Renzi ha assicurato che il governo approverà il disegno di legge delega il 27 giugno. «A settembre potrebbe concludersi il percorso, poi mancherebbero i decreti attuativi. Ma nel frattempo – annuncia – agli enti va ridata un’iniezione di fiducia».Le Regioni, che da anni collaborano alla gestione del servizio civile, sono pronte, assicura Lorena Rambaudi. Savonese, 53 anni, è assessore regionale ligure alle politiche sociali e coordinatore della commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni. «In questi giorni dobbiamo incontrare sul servizio civile il sottosegretario Bobba. Il servizio civile è un bagno di vita concreta e può creare "passerelle" di collegamento tra formazione e lavoro». Ma se si tratta di cofinanziamenti, alt: «Questo è un elemento di criticità. Le Regioni hanno subìto tagli importanti e progressivi in questi anni. Pensare a una compartecipazione degli enti territoriali è insostenibile. Non per ostilità, ma perché le risorse sono state talmente ridotte... Vanno individuate a livello nazionale».
Concorda Licio Palazzini, presidente della Cnesc, la conferenza nazionale degli enti di servizio civile. «La prima condizione per la qualità del servizio è la scelta di stanziare, in questi mesi, più fondi. E contemporaneamente di avviare una revisione della modalità di presentazione dei progetti». Le potenzialità per un servizio da 100 mila ci sono: «Oggi le sedi accreditate sono 33 mila e possono impiegare fino a 20 giovani. Se arrivano nuovi fondi gli enti saranno rimotivati a progettare. Dopo sette anni di tagli, molti hanno deciso che è inutile. E servono piani pluriennali, ci sono bisogni sociali che si prolungano nel tempo». Il non profit in realtà già co-finanzia: «Facciamo progettazione, promozione, selezioni, formazione, monitoraggio, rapporti di fine progetto. Tutto ciò ha un costo: nell’ultimo bando del 2013 lo Stato stanziava 5.900 euro per ogni giovane, gli enti 5.500». Chiarito ciò, la Cnesc non si tira indietro. «Se ci si stabilizzzerà su 100 mila giovani, come enti possiamo trovare altre risorse. Sia chiaro: se il servizio civile concorre alla Difesa, non c’è un rapporto "privato" tra gli enti e giovani e non ci si può chiedere di cofinanziare l’assegno mensile dei 433 euro. Se invece ci si chiede di compartecipare alla crescita qualitativa e alla rendicontazione, siamo disponibili. Ma vogliamo un segnale inequivocabile: il 27 giugno vogliamo sentire due annunci, non uno: il varo della legge delega e 150 milioni aggiuntivi per il servizio civile in corso».
«Per un anno di formazione a ogni ragazzo gli enti ricevono 90 euro l’anno», sottolinea Diego Cipriani, responsabile dell’Ufficio servizio civile di Caritas italiana. «E certo non bastano. A Genova come a Reggio Emilia offriamo esperienze di vita comunitaria, cioè vitto e alloggio. Poi ci sono i formatori. Insomma, ogni ente già contribuisce. Lo Stato potrebbe semmai cancellare il pagamento dell’Irap all’8,5% dal compenso dei giovani, così come ha già fatto coi contributi Inps. Ma è un’imposta regionale, le regioni sarebbero d’accordo?». La Caritas piuttosto teme che anche quest’anno, dopo il 2012, passerà senza alcun bando: «A oggi non è ancora stato emanato il nuovo prontuario per i progetti in via telematica. Di solito Ufficio nazionale e Regioni impiegano 6 mesi per esaminare i progetti. Finiremo al 2015». Non sarebbe certo un bel biglietto da visita per il lancio del servizio civile universale. La richiesta di Cipriani è chiara «Il governo trovi subito fondi nuovi, altrimenti nel 2015 ci saranno ancora meno partenze che nel 2013. È nella legge di stabilità, tabella C, che stanzia per il prossimo anno ancora meno fondi di adesso. Se non si inverte la rotta, stiamo parlando solo di fantascienza. La riforma è bella, ma servono segnali concreti. Per raddoppiare i volontari ci vogliono almeno 200 milioni. Subito».
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