
Deposizione nel sepolcro di Niccolò di Liberatore, detto l'Alunno, e Lattanzio di Niccolò - Museo di Palazzo Baldeschi, Fondazione Perugia, Perugia Information Credit: - ANSA / Ufficio stampa Mostra San Francesco tra Cimabue e Perugino 2024 / Marco Giugliarelli
Ancora una volta a Pasqua ho ripreso dalla libreria un libretto smilzo, grigio. Ancora una volta ho aperto a pagina 65 “La Passione di Cristo” scritta da Mario Luzi per la Via Crucis con Giovanni Paolo II al Colosseo, Pasqua 1999.
È il saluto di Gesù sul Golgota al mondo degli uomini. Sentite:
«Padre mio, mi sono affezionato alla terra / quanto non avrei creduto. / È bella e terribile la terra. / Io ci sono nato quasi di nascosto, / ci sono cresciuto e fatto adulto / in un suo angolo quieto / tra gente povera, amabile e esecrabile. / Mi sono affezionato alle sue strade, / mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti, / le vigne, perfino i deserti (…)».
Totalmente umano è il Cristo di Luzi, che al Padre, nelle ultime ore, confessa quanto ha amato la gente semplice di Nazaret, nelle cui strade correva da bambino. E quanto ha amato anche gli uomini crudeli, bugiardi, assassini, quando ormai tutti lo chiamavano Messia.
Ci ha amato, Cristo, e anche le nostre colline e gli uliveti, e le città. Il dialogo col Padre, immaginato – ma forse quasi intuito dal genio di Luzi – mi commuove ogni volta: è sommamente misericordioso il Figlio di Dio, ormai prossimo alla morte. E affettuoso, quasi fosse anche un figlio nostro: che partendo, come un ragazzo che parta per morire in guerra, provi umana nostalgia per noi – poiché gli siamo cari.
Continua il Cristo di questa Passione:
«La vita sulla terra è dolorosa, / ma è anche gioiosa: mi sovvengono / i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali. / Mancano oggi qui su questo poggio / che chiamano Calvario».
L’elenco delle gioie della terra fatto da Cristo è limpido come quello di un bambino. Le gioie sono i nati dell’uomo, gli animali, i fiori, gli alberi e tutto ciò che vive. Un Cristo francescano, grato di tanta bellezza anche nell’ora della Croce. (Anche se bambini e animali e fiori sul Golgota, osserva, mancano – perché di quella morte sono innocenti).
«Congedarmi mi dà angoscia più del giusto. Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?», si domanda infine Gesù.
Quanto avverto uomo questo Cristo nella nostalgia dell’ultimo saluto, e quanto Dio, nell’amore. In questi versi io, madre come tante, lo sento quasi come un figlio: ed è più straziante dunque la sua Passione. Ma anche più indicibile, all’alba di Pasqua, la gioia del Sepolcro vuoto.