venerdì 24 aprile 2009
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Un testimone diretto della crudeltà del regime comunista cinese. Ma al tempo stesso, «un vero apostolo e martire della fede» , come ha scritto Asia News, alludendo ai trent’anni di lavori forzati subìti a motivo di una fedeltà a Cristo tanto granitica quanto gioiosa. Questo è stato padre Francesco Tan Tiande, una delle personalità più stimate della diocesi di Guangzhou ( Canton) e della Chiesa cinese tutta, morto ieri all’età di 93 anni. Straordinaria per molti aspetti, la vicenda di padre Tan è comune a molti preti cinesi della sua generazione. Nato nel 1916 nel Guangdong, venne ordinato sacerdote nel 1941. Esercitò l’attività pastorale in varie città del Sud della Cina, finché nel 1953 venne richiuso in un campo di lavoro forzato nel nord- est della Cina: sarà liberato solo nel 1983. Ricordo ancora distintamente il nostro incontro nell’estate del 2005 a Guangzhou. Alto, asciutto, il volto scavato ma sereno, padre Tan Tiande era un singolarissimo miscuglio di forza e fragilità. Aveva un fisico da ex sportivo, essendo stato in gioventù un campione di atletica e di nuoto ( energia fisica e resistenza agli sforzi lo avrebbe aiutato nella sua lunga prigionia, condotta in condizioni estreme). Ma quel che di lui colpiva ero lo sguardo: gli occhi luminosi di un uomo che per tre decenni aveva assistito ad atrocità di ogni genere, violenze psicologiche e fisiche, soprusi inenarrabili, ma che non avevano ombre di risentimento o di vendetta. Gli stessi sentimenti di serenità e amore per il prossimo si respirano nell’autobiografia di padre Tan Tiande, uscita dapprima sulle riviste del Pime, successivamente raccolta in quel Libro rosso dei martiri cinesi cui è arrisa – proprio in virtù dell’eccezionale qualità umana e spirituale dei protagonisti – una fortuna editoriale imprevedibile ( tradotto in varie lingue, è stato venduto in migliaia di copie nel mondo). Durante il nostro incontro, sentii padre Francesco ripercorrere, con voce tremante, nello spazio di un’ora, anni e anni di patimenti: la fame che mordeva le viscere, il gelo paralizzante dell’estremo Nordest ( 40 gradi sotto zero), le angherie continue degli aguzzini, la derisione di cui lui, in quanto credente, era fatto oggetto... Eppure, anche in quell’inferno, padre Tan Tiande non ha smesso di testimoniare una fede incrollabile, una carità genuina che sapeva spingersi sino al perdono. Proprio quella misteriosa capacità di perdonare gli autori di un male così assurdo è l’eredità più bella che il sacerdote cinese lascia ai cattolici del Regno di mezzo e dell’intera Chiesa universale. Padre Tan Tiande ha combattuto la buona battaglia conservando la fede, a prezzo di sofferenze indicibili accettate con gioia. E mantenendo il cuore libero dal sentimento della vendetta. «Seguendo la polizia fuori da Shishi ( la cattedrale di Canton in cui fu arrestato) – scrive nelle sue memorie –, non avevo assolutamente paura. Al contrario, mi sentivo onorato. Ordinato sacerdote, avevo promesso di offrire la mia vita per il Signore Gesù. In quel momento, ricevevo la grazia speciale del Signore di rendere testimonianza al Vangelo. Era un avvenimento così gioioso » . Tornato in libertà, si era messo a disposizione con encomiabile generosità, perché « quando vedo così tanta gente che chiede di conoscere Dio, provo una gioia immensa. Sebbene il mio carico di lavoro sia molto pesante, mi sento euforico ogni volta che le mie parole di consolazione possono aiutare qualcuno a ritrovare la fiducia nella vita » . Riposa in pace, soldato di Cristo.
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