lunedì 1 giugno 2015
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Il tg, una sera come tante. Parlano dello scandalo Fifa, dei candidati "impresentabili". Ma fra le facce che passano, una te ne resta in mente. Quella di un filippino, il fratello di Corazón Abordo, la madre di due bambini uccisa a Roma, travolta da un’auto guidata da due giovanissimi rom. Il fratello di Corazón dunque piange: dignitosamente, quietamente piange. Gli chiedono cosa pensa degli assassini. Risponde: «Il nostro cuore è troppo spezzato». Ma poi, a bassa voce: «Io posso perdonare, perché Dio perdona». E già chi ascolta si fa stupito e attento. Il giornalista insiste sulla rabbia verso i rom, che in questi giorni striscia per le periferie, e si infiamma. Il giovane uomo risponde: «Non c’è più rabbia né odio. Loro sono... umani». Poi il tg parla d’altro. Ma la faccia di quell’uomo rimane nei pensieri. Ha perso una sorella di cui nel dolore sa solo dire: «Era dolce». Una giovane donna ormai cittadina italiana, madre di due bambini, che lavorava 12 ore al giorno come badante. Una di cui il marito dice: «Lei era tutto, per noi». Dunque di fronte a un tale dolore, e mentre le periferie sobbollono di grida e rabbia, e i campi rom sono sorvegliati per timore di ritorsioni, quest’uomo sa dire: «Io posso perdonare, perché Dio perdona». In due parole, il cuore della fede cristiana. E ansia di giustizia, sì, ma né rabbia, né odio: «Perché loro sono umani». Perché gli assassini sono soltanto uomini, e gli uomini sbagliano, e compiono anche terribili errori.Forse ci occorrono facce di gente povera, di persone arrivate tra noi da paesi lontani, in miseria o in guerra, per ricordarci il cuore della nostra fede. Facce di stranieri, ci vogliono, per ricordarci chi siamo. Stranieri, poi? La grandezza di quel perdono è tale che sembra annullare ogni differenza, etnia, cultura. Viene in mente San Paolo ai Galati: in Cristo «non c’è più giudeo né greco, non c’è schiavo né libero...». Che statura umana si intravede, nel volto di quell’immigrato. Quasi ti viene il dubbio che a ravvivare la nostra fede esangue possano essere loro, i migranti cristiani che faticosamente si inseriscono nelle nostre città. Pensi che ci portino, nascosto, un dono. E noi facciamo fatica a vederlo. E tanti – comunque troppi – gridano, rabbiosi, all’invasione.
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