martedì 22 marzo 2011
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Fra Italia e Francia, per tradizione «cugine», è scontro aperto, seppur diplomaticamente non dichiarato. Sul terreno economico-finanziario, eppure in ambito geopolitico, su quello che possiamo definire il «fronte libico». Laddove, con prova di forza, la Parigi del presidente Sarkozy pretende di egemonizzare la campagna di liberazione anti-Gheddafi, mentre Roma auspica che le azioni militari vengano al più presto trasferite sotto l’egida Nato ritenuta meglio atta a gestire uno scenario gravido di incognite dopo i terremoti di Egitto e Tunisia, le inquietudini che attraversano Algeria e Marocco, con l’intera galassia araba in fermento.Partiamo dall’economia, sicuramente alle radici delle «incomprensioni», per usare una blando eufemismo, franco-italiane. Ieri, in una nota, il filo-governativo Le Figaro metteva sotto accusa il «patriottismo» italico, attaccando in particolare il ministro Giulio Tremonti in quanto si appresta a varare misure legislative per proteggere il Made in Italy dagli «appetiti stranieri e in particolare francesi». Indicando quale casus belli la progettata scalata del colosso agroalimentare transalpino Lactalis alla nostra Parmalat, risanata da quell’eccezionale manager che è Enrico Bondi.In realtà, Parmalat è la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso stracolmo: l’infiltrazione lenta e costante della finanza francese nei punti nevralgici del Sistema Italia. Sarà bene, a questo punto, portare alla luce una serie di episodi che, sommati, inanellati, costituiscono la prova-provata di una precisa strategia. Egemonica e che, fatto sconcertante, non prevede reciprocità. Se risponde a verità che i trattati europei prevedono una libera circolazione dei capitali, è altrettanto indubitabile che la politica francese tende a escludere la reciprocità. Detto altrimenti: noi siamo impediti di fare altrettanto. Basti segnalare il veto alle Ferrovie dello Stato di utilizzare le linee Tgv (alta velocità) francesi. Sino al blocco dei nostri convogli a Ventimiglia, interrompendo le tratte per Nizza e la Costa Azzurra.I francesi paiono orientati invece a considerare l’Italia terra di conquista. Anche profittando di nostre croniche debolezze. Fin da quando il Crédit Agricole, travestito da cavaliere bianco, si riprometteva di fagocitare il gruppo Intesa. Poi l’ingresso in Alitalia in crisi, immaginando di inglobarla in Air France. Indimenticabile il blitz della Bnp (Banca Nazionale di Parigi) sulla Bnl. E quando la Edison provò a insidiare il monopolio di Edf (Electricité de France), il contrattacco fu micidiale. Nei giorni scorsi, cronache fresche, i gioiellieri Bulgari sono stati conquistati dal colosso Lvmh che non ha esitato a strapagare più del 50% del valore borsistico. Il finanziere Ligresti, in difficoltà, si è visto corteggiare in modo pressante affinché cedesse la Fondiaria Assicurazioni a Groupama. Napoleone della finanza francese è il magnate Vincent Bolloré (intimo di Sarkozy). Azionista di peso in Mediobanca, ha messo gli occhi sulle Assicurazioni Generali. Facendo fuoco e fiamme all’ultimo consiglio di amministrazione per una serie di mosse che pregiudicherebbero i suoi disegni.Sarebbe da ciechi non vedere. Perché, altrimenti venerdì scorso, il governo avrebbe convocato a Palazzo Chigi l’ambasciatore francese Jean-Marc de la Sabliére per comunicargli, a muso duro, l’urgenza di rispettare le regole del gioco? Non a caso, nel momento in cui i Mirage s’apprestavano a decollare per colpire la Libia. Infatti, da oltre un secolo, sin dai tempi dell’occupazione Ottomana, trattasi di un’area in cui la comunità internazionale ha sempre assegnato un ruolo preminente all’Italia. Ora, le nostre industrie, dall’Eni per il petrolio all’edilizia, rischiano l’offensiva francese. Prospettiva inaccettabile alla quale opporsi con la massima determinazione. Oltretutto, le mosse del presidente Sarkozy paiono influenzate da una personale emergenza politica che lo vede in difficoltà nell’ottica delle presidenziali del 2012. Nella morsa fra socialisti ed estrema destra, sussurrano in molti a Parigi, va cercando una via di uscita, un rilancio in extremis, accarezzando il pelo alla Grandeur francese.
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