sabato 13 febbraio 2016
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Signor direttore,
nell’articolo di "Avvenire" del 7 febbraio, a firma di Paolo Guiducci, dal titolo «Forza Nuova contro le suore di clausura» si scrive che questo Movimento avrebbe minacciato le suore di clausura di Sogliano al Rubicone. Il fatto che un movimento apertamente cattolico come Forza Nuova possa minacciare delle suore di clausura è, oltre che un’affermazione paradossale, una ridicola menzogna. La nostra tenace opposizione, che in questa occasione è stata evidenziata con l’esposizione di uno striscione, è diretta, non verso donne che hanno consacrato la propria vita alla preghiera, ma verso associazioni come la Caritas che, dimentiche delle sofferenze di tante famiglie italiane, sembrano oramai aver indirizzato la loro attenzione a quella attività di consistente lucro da noi ribattezzata "business dei rifugiati". Grande simpatia per le suore di clausura che di questa anomalia morale di cui la Caritas è protagonista non possono e certo non vorranno sapere nulla.
 
Roberto Fiore - Forza Nuova
Non ho titoli per giudicare la fede altrui. Quindi, signor Fiore, prendo atto del suo definirsi portavoce di un «movimento apertamente cattolico». Ma assieme ai miei colleghi e collaboratori ho occhi per vedere e per leggere, e ho testa per valutare ciò che si afferma e si fa. Come già in autunno, i suoi amici di «movimento» hanno rifatto capolino in modo odioso e minaccioso, sia alzando uno striscione davanti al Carmelo di Santa Maria della Vita sia affiggendo manifesti sulle porte dello stesso convento di Sogliano al Rubicone. Hanno cioè organizzato una intimidatoria polemica contro l’accoglienza in terra di Romagna di piccoli gruppi di profughi richiedenti asilo in Italia, condita da accuse di «tradimento» e da invettive contro i «nemici della patria». Altro che menzogna! Questa è la verità amara dell’attacco politico che Forza Nuova ha deciso di condurre contro una casa di suore di clausura, le quali - raccogliendo un espresso invito del Papa - sono tornate ad aprire ai poveri l’astanteria del proprio convento e, visto che per scelta di vita non possono lasciare la clausura, hanno ovviamente chiesto la collaborazione della Caritas per gestire la situazione. Caritas che peraltro - mi sembra strano doverlo spiegare a una persona che si professa cattolica - non è una «associazione» qualunque, ma un organismo pastorale della Cei, è cioè un ente di servizio nato 45 anni fa per iniziativa dalla Chiesa italiana, ed è infatti presieduto da un vescovo, attualmente quello di Agrigento, Francesco Montenegro, che papa Francesco ha voluto anche cardinale. La Caritas (che partecipa con più di 160 organismi fratelli a Caritas Internationalis) sul nostro territorio nazionale, attraverso una rete di sacerdoti e volontari che collega tutte le diocesi, assiste ogni giorno, in diversi modi, milioni di cittadini italiani e stranieri e soccorre centinaia di migliaia di persone che vivono nel disagio e nella solitudine. Oltre a questo, promuove campagne e organizza interventi nel Terzo Mondo. Cioè in quelle terre dalle quali le persone non sarebbero costrette a fuggire se fosse regola la logica di solidarietà e di pace nella giustizia, nella libertà e attraverso lo sviluppo che viene perseguita dalla Chiesa cattolica e che la Caritas è impegnata a realizzare. Certo, la Chiesa non è una Ong - come ricorda sempre il Papa - ma sa "fare bene il bene" e non dimentica che «la fede senza le opere è morta» (Gc 2, 26). Perciò, signor Fiore, l’unica «anomalia morale» che trovo in questa storia sta nelle parole che lei e i suoi amici avete scagliato, nella voluta dissimulazione dell’aggressione pianificata contro donne consacrate a Dio e generosamente attente ai fratelli più bisognosi e nella iniqua caricatura che lei fa del servizio reso dalla Caritas italiana ai poveri. Che, comunque, sono tutti uguali, come tutti uguali - pur con le nostre preziose diversità - siamo davanti a Dio Padre e nella dignità della nostra comune umanità. Sono, comunque, contento di rispondere alla sua lettera, perché essa mi offre la possibilità di dire un pubblico "grazie" alle sorelle carmelitane di Santa Maria della Vita che vivono separate dal mondo, ma sono e restano presenti in modo esemplare, davvero pieno e totale.
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