mercoledì 30 luglio 2014
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Lungo un quarto di secolo, nel Mediterraneo sono morti, secondo stime attendibili, almeno ventimila tra profughi e migranti. Due, tre persone che, ogni giorno che Dio ha mandato in terra, hanno trovato nel canale di Sicilia il loro 'cimitero marino'. Una stima che arriva ai sei/sette morti quotidiani se si considerano solo i dati degli ultimi tre anni. E nel solo 2011, anno più nero sotto questo punto di vista, hanno perso la vita oltre duemila persone. Sono queste le cifre crudeli di una strage che l’operazione 'Mare Nostrum' ha, più che fermato, sospeso, in una sorta di tregua precaria. Eppure, lo sappiamo, quella macabra contabilità è destinata a riprendere il suo tragico ritmo.  Nasce da qui, dalla violenza di questi terribili numeri, la decisione di porre al centro di una possibile politica comune europea per l’immigrazione e l’asilo l’urgenza di fermare quella strage. Come priorità allo stesso tempo politica e morale. È il senso di un piano per l’Ammissione umanitaria elaborato dal sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, e da me, all’indomani del naufragio del 3 ottobre davanti a quell’isola. Lo abbiamo presentato al Capo dello Stato il 21 ottobre 2013 e lo abbiamo discusso in maniera approfondita il 22 luglio scorso, insieme al presidente della Camera, al ministro dell’Interno, al capo di Stato maggiore della marina, al rappresentante dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati e a numerosi esponenti di organizzazioni umanitarie.  I punti essenziali da cui il piano ha preso le mosse sono: l’urgenza di garantire ai profughi viaggi legali e sicuri attraverso il Mediterraneo, ponendo fine alla lunga sequenza di morti; l’urgenza di una politica comune europea per l’asilo e la necessità di tradurla in azioni condivise; l’urgenza di distribuire in maniera più equa e razionale l’afflusso di profughi e fuggiaschi sull’intero territorio europeo. Questi obiettivi possono essere perseguiti, o comunque resi più praticabili, attraverso una strategia di anticipazione/avvicinamento della richiesta di protezione internazionale in quei Paesi (Giordania, Libano, Tunisia, Egitto, Algeria, Marocco...) dove i movimenti di profughi e fuggiaschi si aggregano, si addensano, transitano. E attraverso un sistema di presidi, garantito dalla rete diplomatica del Servizio europeo per l’azione esterna, dalla rete diplomatico consolare dei Paesi dell’Unione, dall’Acnur e dalle organizzazioni umanitarie internazionali. Un piano da affiancare ad altre proposte, quali il programma di reinsediamento, i progetti di corridoio umanitario, le misure di ingresso protetto e ricongiungimento.  Sono oltre 80 mila i migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia grazie all’operazione 'Mare Nostrum'. Ma questo fondamentale impegno non può essere l’unica modalità d’intervento: occorre una soluzione duratura nell’ambito delle politiche per l’immigrazione e per l’asilo dell’Unione Europea nei confronti di uomini, donne e bambini che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni (di natura politica, religiosa, tribale, sessuale, etnica...). Si tratta, dunque, di avvicinare geograficamente e giuridicamente il momento e la procedura di richiesta della protezione nei Paesi prima indicati. Il primo passo da compiere è la realizzazione da parte della Ue di presidi internazionali, in collaborazione con le organizzazioni umanitarie e attraverso le ambasciate e i consolati dei Paesi membri e la rete del Servizio europeo per l’azione esterna. Il trasferimento verso il Paese di destinazione, dove la richiesta di asilo sarà formalizzata e completata, deve avvenire, con mezzi legali e sicuri, tramite la concessione di un visto, coinvolgendo tutti gli Stati Membri e fissando per ciascuno quote di accoglienza. L’Europa deve garantire protezione e asilo offrendo ai profughi la possibilità di trovare soccorso senza mettere a repentaglio la vita nella trappola mortale del Mediterraneo. È una proposta, questa, aperta a emendamenti e integrazioni. Vorremmo che fosse discussa a partire da ciò che ne costituisce il cuore: il fatto di essere ragionevolissima e concretissima. * Presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato
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