Europa, settant'anni di pace e benessere: il compito di valorizzarli e accrescerli
sabato 25 maggio 2019

Caro direttore,
dell’appello di Sturzo – che sulle pagine di "Avvenire" è stato ottimamente ricordato, riletto e declinato al particolare momento storico che stiamo vivendo – mi piacerebbe che prima del voto, venisse rimarcato e sottolineato chiaramente un aspetto, ovvero che non era rivolto "ai soli cattolici" ma a tutti i "liberi e forti". Come cattolici da sempre ci siamo sentiti e ci sentiamo ovviamente in prima linea. Ma con noi, soprattutto in quest’ora, debbono sentirsi chiamati proprio tutti: come a te piace dire "credenti, e non credenti e diversamente credenti". In quale modo? Oso immaginare e sperare che l’appello, alla vigilia di questo voto, possa risuonare con rinnovata intensità come rivolto ai "connessi e forti". Oggi tutti, verrebbe da dire nessuno escluso, siamo "connessi", e per questo tutti siamo chiamati a essere "fortemente" responsabili in ogni azione, parola e scelta, e ancora di più in quelle fondamentali per il futuro. Il voto è una scelta di questo valore. Votiamo e ripartiamo. Da dove?. Certo non dalla fine, di un’Europa che da oltre settant’anni è – e deve divenirlo sempre più – garanzia di pace e stabilità per se stessa e per il mondo intero. Certo non dalla fine, di quell’"umanità" che è la radice stessa del nostro vivere comune, senza la quale saremmo svuotati dell’anima e condannati agli incubi e agli oblii peggiori della Storia. Certo non dalla fine della nostra "cristianità europea" (personale e di popolo, anche quando non credente, perché presente nel Dna comune, come valore assoluto di propensione al bene e un bene comune), che anzi deve declinarsi sempre più nel concreto della vita privata di ognuno e nell’azione pubblica di chi governa. Ecco, andrò a votare con questo in mente, così "connesso" con la realtà. Spero che tanti lo facciano. Nella libertà di scelta c’è uno schieramento di cui è certo giusto far parte: quello di chi, da italiano, vuole continuare a edificare e avere cura della nostra "casa comune", l’Europa.
Emanuele Pagani, Milano

Gentile direttore,
mandiamo a Bruxelles e a Strasburgo con il voto di oggi, 26 maggio 2019, persone di valore, altruiste e oneste.
Gaspare Barraco, Marsala (Tp)

Caro direttore,
il mondo è in crisi, ovunque guardiamo ci sono cose che non vanno. Anche in Italia sembra che tutto vada a rotoli. La tv ci restituisce immagini che ci mettono paura, la cronaca nera non ha colore perché anche noi siamo diventati violenti... sì noi, gli italiani brava gente. Di fronte alla superficialità dell’uomo di Governo che parla di "ragazzate" degli adolescenti, per giustificare il suo non far nulla, ripenso alle immagini del vecchio bullizzato a morte da minorenni annoiati o alla violenza sulle donne. Poi penso al genitore (non uno solo, purtroppo) che picchia l’insegnante e traggo le mie personali conclusioni. Non so quale destino aspetta l’Italia, ma sono convinto che camminare da soli è peggio. I continui litigi che avvengono dalle parti di Palazzo Chigi non mi interessano più di tanto, ma so che staremo peggio di prima se dopo il voto di domenica ci sarà una Europa debole e divisa tra chi ci entra per costruire e chi ci entra per distruggere. Restare in Europa vuole dire rispettare le regole che abbiamo deciso tutti insieme e condiviso da molti anni. Se le cose non funzionano più bene, come in molti riconoscono, il nostro Governo la deve smettere di fare la vittima e decidersi a proporre finalmente cose utili e serie. Europa secondo me significa avere un futuro, essere più forti e stare meglio tutti, dando il primo posto a chi non arriva a fine mese. Io vado a votare, direttore. E voto per l’Europa. Spero che saremo in tanti.
Gian Luigi Monari, Genova

Caro direttore,
oggi siamo chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento europeo in un momento di disaffezione rispetto ai temi dell’integrazione europea, disaffezione che a me pare ingiustificata e frutto di un pericoloso pregiudizio. Se c’è una legge nazionale sbagliata, la consideriamo solo una legge sbagliata. Se c’è una norma europea sbagliata, la consideriamo la prova che la Ue è una cosa negativa. Se c’è una sentenza della Cassazione sbagliata, non la imputiamo al governo. Se c’è una sentenza europea sbagliata, la imputiamo all’Unione (anche se magari viene dalla Corte di Strasburgo che dell’Unione organo non è affatto). Se vi sono difficoltà economiche, le imputiamo all’euro, anche se la crisi del 2007/08 veniva dagli Usa, nemmeno domandandoci se essa avrebbe avuto effetti più gravi con le monete nazionali più deboli e più soggette alla speculazione o se le difficoltà dell’Italia (che non si sono avute in altri Paesi dell’Eurozona) siano dovute alla classe politica italiana (che troppo spesso ha pensato più a lisciare il pelo agli elettori che a fare la cosa giusta) e all’inverno demografico che attanaglia il nostro Paese. Non ci accorgiamo poi dei vantaggi, perché li diamo per scontati. Viaggiamo quando vogliamo e possiamo stabilirci e lavorare in un altro Stato dell’Unione, senza chiedere permesso a nessuno. Usiamo la macchina con la nostra assicurazione senza dovere farne una ad hoc alla frontiera, che non c’è più. Usiamo il nostro telefonino in tutto il territorio dell’Unione con le stesse tariffe che paghiamo in Italia. La nostra tessera sanitaria vale in tutta l’Unione. Come consumatori abbiamo una tutela di derivazione europea che ci permette di impugnare contratti cui abbiamo erroneamente aderito. Abbiamo goduto del più lungo periodo di pace della storia dell’Europa Occidentale, e così ci dimentichiamo che fino a pochi decenni fa per noi tutti la regola era la guerra e non la pace. La Ue è probabilmente il posto in cui si è vissuto meglio nella storia (abbiamo pace, libertà, benessere, tutele sociali, istruzione gratuita, sanità gratuita, giustizia indipendente), il posto dove vorrebbe venire a vivere buona parte dell’umanità, e non ce ne accorgiamo. Mino Martinazzoli diceva che l’idea dell’Europa unita è stata la più grande idea politica del Novecento. Papa Francesco, quando gli è stato conferito il premio Carlo Magno nel maggio 2016, ha detto: «L’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia (…) L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa». Pensiamoci bene prima di giocare a fare i sovranisti.
Fabio Negrini, Brescia


Con lettori e amici così, che cosa posso aggiungere? Solo che anche io oggi andrò a votare per l’Europa. Scegliendo l’Europa e – con l’arma della preferenza – persone che siano chiaramente impegnate per la causa dell’integrazione europea e dell’affermazione dell’umanesimo europeo con le sue salde radici cristiane e solidaristiche. Continuando, per la mia piccola parte, a sognare e a lavorare per gli Stati Uniti d’Europa. Questo è l’unico sovrano rafforzamento per il quale credo valga la pena spendersi.

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