giovedì 1 settembre 2011
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Lotta all’evasione, ci risiamo. Quando non si sa dove trovare i soldi, in Italia si tira fuori la carta del recupero di un po’ di evasione fiscale. Un lodevole modo di dire che per la verità, grazie a un gran lavoro mai apprezzato abbastanza, è diventato anche un modo di fare, senza però che questo abbia risolto davvero il problema di reperire risorse certe e quello di porre fine allo scandalo di un’evasione semplicemente impressionante. Una montagna (le stime oscillano tra i 120 e i 170 miliardi di euro) che, esattamente come il debito pubblico, continua a crescere per il solo fatto di esserci. E di essere, purtroppo, ammirata da tanti.Se l’evasione esiste e persiste in misura così massiccia, è perché è facile e possibile. Se è facile e possibile, è conveniente. Se è conveniente, è utile e “buona”. E se è utile e buona, perché rinunciarci? L’evasore fiscale gode, insomma, di noncurante – se non ammiccante – indifferenza, tanto quanto di complicità e di consenso (il lato oscuro dell’economia e del lavoro incentiva e produce altra lucrosa oscurità). È tutto questo che finisce per rendere la logica dell’evasione contagiosa, dilagante, strafottente. Luigino Bruni, qualche giorno fa, ha spiegato assai bene, proprio qui, tale meccanismo e le sue conseguenze, e – facendo efficace sintesi anche di tante altre riflessioni, nostre e non solo – ha indicato l’antidoto: «Premiare gli onesti». E secondo noi è proprio questo il modo di dire che deve finalmente diventare corposo modo di fare, se si vuol davvero ingaggiare e vincere la battaglia per spianare la montagna dell’evasione.Se la politica italiana, se coloro che ci governano e fanno le leggi, sono decisi e pronti al gran passo anti–evasione, non hanno che da mettere le scarpe giuste al Paese. Dopo averci fatto girovagare, per tutto agosto, tra gli allarmi e la rassegnazione degli incubi da ultima spiaggia di una “manovra lacrime e sangue” indispensabile e urgentissima eppure ancora oggi da riscrivere, ci mettano seriamente (cioè ben attrezzati) in mezzo a una strada: quella che porta a pagare davvero tutti, per pagare meno e addirittura convinti e contenti. Ci diano, cioè, una buona volta, motivi solidi per non evadere e per non lasciar evadere.Indispensabile la tracciabilità dei pagamenti, utile il rafforzamento dei controlli, evitabile – speriamo – il ricorso all’arma guardona della pubblicità delle dichiarazioni dei redditi. Ma per favore niente declamazioni (e lasciamo perdere pure le delazioni). Si smontino, piuttosto, i meccanismi che spingono a non pagare le tasse (come, per esempio, quello per cui chi sa che deve 100 al fisco, sa anche che, se non paga oggi, “rischia” tutt’al più di dover tirare fuori – forse, e con comodo – appena un terzo della cifra…). Si costruiscano, invece, meccanismi che portano la vita e le relazioni economiche, commerciali e di lavoro interamente alla luce del sole. Si premi cioè – all’americana – chi chiede fattura, chi prende e conserva gli scontrini… Fateceli mettere nella dichiarazione dei redditi, fateceli “scaricare”. Vedrete che la musica cambierà. Vedrete che cominceremo a cambiare tutti noi, la smetteremo di girare la testa, di alzare le spalle, di lasciar correre. Certo, tutto questo dovrebbe succedere per amore (cioè per convinzione di cooperare al bene comune, pagando le giuste imposte), ma da qualche parte bisogna pur cominciare. E allora partiamo pure dal contrasto di interessi.Lo so, sono anni che sollecitiamo una simile svolta senza cavare un ragno dal buco, nonostante che contro l’evasione tante altre voci si levino con bella forza e lucide argomentazioni (e peccato per la lunga solitudine che ci è invece toccata nella battaglia, altrettanto cruciale per l’equità, a favore di un fisco amico della famiglia… anche qui, però, le sensibilità cominciano a farsi più attente e ampie). Ma l’ho detto e lo ripeto: il “partitone dell’evasione” non è intoccabile e non imbattibile. A patto che si facciano le cose giuste. A cominciare da un rivoluzionario cambio d’accento, visto che in Italia questo è oggi tutto sulla sanzione per i (quasi inafferrabili) contribuenti disonesti e poco o nulla sul premio per gli (afferratissimi fiscalmente) onesti. Del resto se non ora, quando? Stavolta è la volta buona. Stavolta si può, perché si deve assolutamente fare. Coraggio, allora, svoltiamo.
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