giovedì 14 aprile 2011
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Ogni anno, in Quaresima, la Chiesa ci ripropone, nella liturgia domenicale, la potenza della presenza di Gesù, capace di sanare e di vincere ciò che l’uomo da solo non potrà mai guarire né sconfiggere: la malattia del cieco nato, o la morte stessa, davanti al suo amico Lazzaro. Ogni volta ascoltare la proclamazione della Parola è un dono di possibilità di conversione, e ogni anno queste narrazioni possono parlare al nostro cuore: basta saper ascoltare.Domenica, per esempio, mi ha colpito con una consapevolezza quasi dolorosa la "messa alla prova" della fede di Marta, che Gesù quasi crudelmente interroga, mentre viene implorato e insieme accusato di aver dimenticato i suoi amici: «Se tu fossi stato qui!». Allora Gesù ricorda a Marta che Lazzaro non è morto per sempre; ma Marta non si arrende, non si accontenta della resurrezione finale: vuole indietro suo fratello subito, perché Gesù può.A questo punto arriva la domanda: «Credi tu?» E Marta crede, senza sapere bene che cosa potrà succedere. E Gesù si commuove, per il dolore dei suoi amici, ma anche per questa fede, e questa commozione ci dà una speranza travolgente, perché sappiamo che anche il nostro peccato, la nostra morte potranno essere accolti da questa misericordia, che è capace di salvare una condizione di morte, che è profezia di un altro sepolcro, di un’altra morte, di un’altra pietra che dovrà essere spostata: quella del Santo Sepolcro. Si fa portare alla tomba di Lazzaro, e chiede di aprire quel luogo di morte, già sigillato. E Marta, di fronte a quella domanda, anziché agire fiduciosa, confermando quella fede che Gesù le aveva chiesto di dichiarare, appena pochi minuti prima, dice invece: «È lì da quattro giorni!».Marta, come tutti noi. Affermiamo la fede a parole, ma davanti agli eventi tragici e faticosi, non riusciamo a capire che la potenza di Cristo può salvare tutto, anche ciò che sembra irreparabilmente perduto. Ma Gesù dimostra ancora di più il suo amore; richiama Lazzaro alla vita nonostante la fede traballante, incostante e incoerente di Marta, che dice «credo in te» e poi non crede che «a Dio tutto è possibile». Anche per noi, quindi, la presenza di Gesù è potenza di salvezza, nonostante la nostra misera fede. Quanti tra noi avremmo invece detto a Marta: «Solo pochi minuti fa hai detto che credevi, e adesso già non ci credi più? Non meriti il mio amore, non è vero che ci credi!». Ma, per grazia divina, l’abbraccio misericordioso di Gesù sarà sempre più grande della nostra grettezza e del nostro cuore piccolo.
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